MIAMI – Il colosso del tabacco RJ Reynolds è stato condannato a risarcire Cynthia Robinson, la vedova di un fumatore, per la cifra record di 23,6 miliardi di dollari, circa 17,1 miliardi di euro. Il marito della Robinson è morto nel 1996 a 36 anni per un cancro ai polmoni. A condannare la RJ Reynolds, che produce le Camel, una giuria della contea di Escambia, in Florida. Il colosso del tabacco non si arrende e ritiene la condanna “irragionevole”, motivo per cui ha già annunciato che ricorrerà in appello.
Elmar Burchia sul Corriere della Sera scrive:
“RJ Reynolds Tobacco Company, con sede a Winston Salem, Carolina del Nord, è il secondo più grande produttore di tabacco negli Stati Uniti. Ogni anno, la multinazionale fattura miliardi di dollari. Il patrimonio totale della Reynolds American (proprietaria della RJ Reynolds) nel 2013 ammontava 15 miliardi di dollari. Ebbene, un tribunale della Florida ha condannato ora il colosso del tabacco a pagare un risarcimento di 23,6 miliardi di dollari a una vedova di Pensacola. Si tratta della somma più alta mai fissata da una corte dello stato della Florida in una causa intentata da un singolo”.
La battaglia legale della Robinson inizia nel 2006,a dieci anni dalla scomparsa del marito, che fumava tre pacchetti di sigarette al giorno:
“L’accusa della donna: la RJ Reynolds non informava con sufficiente chiarezza i fumatori dei pericoli del vizio e questa negligenza avrebbe avuto come estrema conseguenza il cancro ai polmoni che uccise il marito. La querelante ha detto al New York Times che quando i membri della giuria hanno letto il verdetto, in un primo momento ha capito «milioni» (millions) e si è subito emozionata. Poi, il suo avvocato le ha spiegato che invece si trattava di miliardi (billions). «È stato semplicemente incredibile», ha sottolineato la donna. Secondo il Nyt, lei e il defunto marito Michael Johnson (autista di bus privati) hanno due figli, di 23 e 29 anni. La coppia è stata sposata per sei anni. L’uomo avrebbe iniziato a fumare già a 13 anni. «Fumava davvero tanto, spesso si accendeva la sigaretta con quella che stava spegnendo», racconta la vedova”.
Il processo è durato 4 settimane e i giurati hanno impiegato 18 ore per raggiungere la sentenza:
“Secondo Chris Chestnut, uno degli avvocati della donna, la giuria è rimasta «turbata dalle prove che la società utilizzasse tecniche di marketing molto aggressive, dirette in particolare ai giovani, e dalla tesi della difesa secondo la quale la scelta di fumare era stata fatta dallo stesso Johnson». A convincere i giurati sono stati soprattutto i filmati del 1994 nei quali alcuni dirigenti di società produttrici di sigarette affermavano che il fumo non provoca il cancro né crea dipendenza. Documenti interni risalenti a 60 anni fa confermano invece che alla RJ Reynolds sapevano che la verità era tutt’altra, le società erano infatti già a conoscenza del contrario”.
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