PALERMO – Per anni ha vissuto con il marchio che il padre ucciso nella strage di viale Lazio a Palermo avvenuta il 10 dicembre 1969, per la quale sono stati condannati all'ergastolo i boss Toto' Riina e Bernardo Provenzano fosse coinvolto in traffici illegali. Dopo 42 anni, nel marzo scorso, invece Giovanni Dome', custode degli uffici del costruttore Moncada dove avvenne l'eccidio e' stato riconosciuto vittima della mafia. E per i suoi familiari costituitisi parte civile e' stato disposto, a marzo scorso, un risarcimento danni. ''In questi anni abbiamo dovuto nasconderci perche ci reputavano figli di un mafioso – racconta Ferdinando Dome', 52 anni, operaio a Torino, ai microfoni del Tgr Sicilia della Rai – Ho avuto anche difficolta' a farmi accettare dalla famiglia di mia moglie. E ai miei figli a lungo ho detto che il loro nonno era morto per infarto''. Lui insieme ad un altro fratello dopo la strage fu messo in collegio ''dove abbiamo patito – dice – tante sofferenze''. In viale Lazio si consumo', uno tra i piu' sanguinosi capitoli della prima guerra di mafia ''combattuta'' dai clan negli anni '60 a Palermo. I padrini corleonesi, in quell'occasione, si allearono con i boss palermitani. I killer, travestiti da poliziotti, fecero irruzione negli uffici dell'impresa edile Moncada, uccidendo Cavataio, Francesco Tumminello, Salvatore Bevilacqua e Dome', custode degli uffici. Nella sparatoria perse la vita anche uno dei killer del commando, Calogero Bagarella, fratello del mafioso di Corleone Leoluca e cognato di Toto' Riina.