TOKYO – L’era del nucleare in Giappone sembra volgere al termine con la chiusura di 39 dei 54 reattori che producono energia elettrica nella nazione. Il terrore delle radiazioni che ha investito il paese dopo la tragedia ambientale che ha coinvolto i reattori di Fukushima sembra aver aperto gli occhi dei giapponesi, che ora sono pronti per il “setsuden”, cioè il risparmio di elettricità, oltre che incrementare l’apporto energetico dalle fonti rinnovabili dall’attuale 2 per cento al 20 per cento.
La scelta di passare a forme di energia pulita sembra la nuova tendenza della politica energetica del paese, con il primo ministro uscente Naoto Kan, dimessosi venerdì scorso, che ha posto come condizione che il nuovo premier Yoshihiko Noda attui delle politiche per il passaggio dall’energia nucleare alle rinnovabili.
Il Giappone con l’abbandono del nucleare teme di non poter conservare il suo “stile energetico”, ma si è dimostrato pronto al risparmio di elettricità, il setsuden, che nasce dalla necessità di “aumentare la consapevolezza pubblica dell’importanza di adottare di stili di vita sostenibili”, stile adottato facilmente dai giapponesi che temevano un nuovo black out come quello di Fukushima, ora che i reattori sono spenti ed il nucleare non produce più il 30 per cento del fabbisogno energetico dello stato.
Kazuko Sato, della Soft Energy Project (SEP) che supporta le fonti rinnovabili, ha spiegato che teme “che il supporto del pubblico possa essere solo temporaneo”. Riusciranno dunque i giapponesi a rinunciare alle luci eternamente accese in palazzi ed uffici, agli apparecchi elettrici perennemente in stand-by, alla chiusura degli uffici postali anticipata e soprattutto ai treni che viaggiano a velocità ridotta? Sato non lo sa, ma ci tiene a sottolineare che “i tempi difficili che stiamo affrontando presentano un’opportunità che non dobbiamo perdere”.