ROMA – Greenpeace a rischio estinzione, chiede aiuto: multinazionale del legno canadese le ha fatto causa per 300 milioni. Greenpeace teme di scomparire, e lancia una campagna sui propri social media per attirare l’attenzione sulla sua attività e conquistare sostenitori. A minacciare la sopravvivenza della ong ambientalista è l’azione legale avviata anni fa dal colosso canadese della carta Resolute Forest Project per diffamazione e crimine organizzato, e nella quale chiede un risarcimento multi-milionario.
Resolute chiede 300 milioni di dollari a Greenpeace per la sua campagna in cui accusava la società di distruggere la foresta boreale canadese e per il pressing sui clienti del gruppo affinché la boicottino. I danni chiesti dalla società canadese per diffamazione sono stati ridotti lo scorso anno a soli 7 milioni di dollari. Ma a preoccupare Greenpeace è la causa da 220 milioni di dollari, in cui viene accusata di frode.
La battaglia è in corso dallo scorso anno e una soluzione potrebbe arrivare a breve. Di recente Greenpeace ha ammesso che i suoi attacchi erano basati su opinioni soggettive non verificabili, e riguardavano solo l’attività di alloggi di Resolute. “L’uso del termine ‘Distruttore di Foreste’ è ovvia retorica”, affermava agli inizi di marzo Greenpeace, secondo i documenti depositati in tribunale e riportati dalla stampa americana. “Resolute non ha letteralmente distrutto un’intera foresta”.
Di fronte alla minaccia alla sua sopravvivenza, Greenpeace lancia una campagna di sensibilizzazione online. Sul suo sito chiede alle case editrici, molte delle quali acquirenti dei prodotti di carta di Resolute, di farsi sentire.