Intrappolate dalle barriere galleggianti e poi bruciate vive: questa la brutta fine toccata a tante tartarughe marine nel Golfo del Messico, che la sfortuna ha condotto a emergere nel mezzo di una chiazza di petrolio fuoriuscita dalla falla sottomarina, dove gli uomini della Bp praticano gli “incendi controllati” in superficie per arginare la marea nera.
E’ quanto denunciano diverse organizzazioni ambientaliste e animaliste americane e conferma la stessa Amministrazione Obama in un articolo apparso oggi sul quotidiano britannico Guardian.
Gli ambientalisti, scrive il giornale, fanno appello alla compagnia petrolifera, sotto pressione dal mondo intero e minacciata dallo spettro di colossali spese per la bonifica e i risarcimenti, di “smettere di ostacolare il salvataggio delle tartarughe”, accusando la Bp di correre contro il tempo usando metodi sbrigativi.
Fanno appello al governo americano perché faccia sospendere gli incendi e persegua penalmente la Bp e i suoi contractor se uccidono specie animali in pericolo di estinzione, com’è la tartaruga marina di Kemp’s Ridley, la più rara delle cinque specie che vivono nel Golfo del Messico, vittima prima del petrolio e ora del fuoco.
In un video pubblicato su YouTube uno skipper di Venice, Louisiana, accusa la Bp di cacciare via le barche degli ambientalisti che cercano tartarughe da salvare nella chiazza di petrolio.
“Ci hanno cacciati via”, dice Ellis. “Una volta che interviene la Bp, le tartarughe sono spacciate. Loro stendono una barriera galleggiante fra due barche per la pesca dei gamberi e qualunque cosa ne resti intrappolata viene poi circondata e viene data alla fiamme. Una volta che le tartarughe sono rimaste intrappolate non possono più uscire”.
“E’ un modo di fare criminale e crudele per il quale devono essere perseguiti” quelli di Bp, dice al giornale Carole Allen, uno dei responsabili del Sea Turtle Retoration Project.
Il 25 giugno anche l’amministrazione Usa ha ammesso che ci sono tartarughe bruciate vive e ha detto di aver ingiunto alla Bp di risparmiare i rettili marini: “A quanto mi risulta, i protocolli prevedono che si cerchino gli animali selvatici prima di dare fuoco al petrolio. Noi trattiamo queste cose molto seriamente”, ha dichiarato, citato dal giornale, un portavoce della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), agenzia federale che si occupa di clima e oceani, secondo il cui conto finora dal 30 aprile le tartarughe morte a causa della marea nera sono 425.
A richiamare le tartarughe nella zona della marea nera, spiegano i biologi, sono i sargassi, le alghe che crescono in vaste colonie nelle zone oceaniche protette dalla circolazione delle correnti e che diventano terreno di caccia per i rettili come per altre creature marine che vivono in simbiosi con essi, come le meduse e le caravelle. Sargassi e petrolio tendono a essere attirati nelle stesse zone.
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