ROMA – Dei circa 717 miliardi versati dagli italiani dal 1990 al 2009 in tasse “verdi”, solo 6 sono stati destinati alla protezione ambientale. Appena l’1%. I soldi per proteggere l’ambiente, per non dover pregare perché non piova troppo o perché un fiume non esondi, ci sono. La questione è che vengono spesi altrimenti. Molti? No, praticamente tutti.
Come racconta uno studio della Cgia di Mestre, gli italiani pagano ogni anno fior di miliardi in tasse ecologiche, poco più di 41 solo nel 2009, ultimo anno disponibile, ma solo l’1,1% di questo consistente malloppo viene speso per proteggere l’ambiente. Sempre nel 2009, appena 459 milioni sono stati usati per la tutela ambientale. E non è un’abitudine nuova. Risalendo negli anni sino al 1990, sempre secondo i dati dell’associazione artigiani, piccole medie imprese di Mestre, si vede che il rapporto tra entrate in tasse “verdi” e spese per la tutela del territorio non è mai andato oltre l.2%, picco toccato per ben due anni di seguito, nel ’97 e nel ’98.
Le tasse che gli italiani pagano per l’ambiente, spesso senza neppure esserne a conoscenza, sono molte: dalla sovrimposta di confine sul gpl al tributo provinciale per la tutela ambientale, dalla tassa sulle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di zolfo all’imposta sugli oli minerali e derivati, passando per l’imposta sul gas metano sino all’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili. Fatti i conti, dal 1990 al 2009, in valori a prezzi correnti, lo Stato ha incassato complessivamente 717 miliardi e 442 milioni di euro e ne ha messi nella protezione ambientale, accusa il dossier della Cgia, appena 6 miliardi e 20 milioni, cioè lo 0,89%.
“Sostenere che sciagure come le alluvioni accadono anche perché non ci sono le risorse finanziarie disponibili per la tutela del nostro territorio risulta difficile – dice il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi – soprattutto a fronte dei 41 miliardi di euro che vengono incassati ogni anno dallo Stato e dagli enti locali per la protezione dell’ambiente, di cui il 99% finisce invece a coprire altre voci di spesa. I soldi ci sono, peccato che ormai da quasi un ventennio vengano utilizzati per fare altre cose. Con la beffa che ogni qual volta subiamo un’alluvione ci ritroviamo a subire l’ennesimo aumento delle accise sulla benzina od una nuova tassa di scopo”.
In altre parole, tutta quella sequenza di imposte spesso sconosciute che gli italiani pagano quando fanno il pieno alla macchina, quando pagano la bolletta della luce o del gas/metano, il bollo o l’assicurazione dell’auto, non vanno a sostenere le attività di salvaguardia ambientale per le quali sarebbero state introdotte.
Un po’ di numeri: nel triennio 1990/92, dei quasi 80 miliardi di gettito frutto delle tasse ambientali, ben 0 sono stati destinati al finanziamento di spese per la protezione dell’ambiente. Nel ’93 le cose sono migliorate, 79 milioni spesi su oltre 29 miliardi incassati, lo 0.3%. Si scende però di nuovo nel ’94: 0.2%, 73 milioni su 31 miliardi. Cifre simili nel ’95 e boom della spesa nel ’96: l’1.1%, 376 milioni spesi su 35 miliardi incassati. Trend che rimane costante, tra lo 0.9 e l’1.2% fino al 2009.
Ma più delle percentuali danno la misura della vicenda i differenziali tra quanto destinato alla tutela dell’ambiente e quanto ad altro, sempre ricordando che il totale del gettito dovrebbe servire per la tutela e del territorio, o almeno per questo gli italiani pagano. Nel 2009 per esempio, come abbiamo visto, 459 sono stati i milioni spesi per la protezione dell’ambiente, mentre 40 miliardi e 835 milioni sono stati spesi per altro. Nel 2008, 444 milioni per l’ambiente e 39 miliardi per altro. Nel 2007, 453 milioni contro quasi 41 miliardi. E via così sino al 1993, poco meno che gli spicci.
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