ROMA – Cesare Geronzi, condannato a 4 anni nell’ambito del crac Cirio, difficilmente riuscirà a rientrare nel “giro che conta” della finanza. Lo ha scritto Vittorio Malagutti sul Fatto Quotidiano, spiegando che questo sarà un altro brutto colpo da assorbire per Geronzi, “a pochi mesi dal ribaltone che lo ha messo fuori dalle Generali” (di cui era presidente).
“La Banca di Roma e il suo dominus Cesare Geronzi hanno contribuito a portare al fallimento la Cirio e hanno approfittato del loro rapporto privilegiato con Sergio Cragnotti per recuperare buona parte dei loro crediti prima che il gruppo facesse crac. Un crac da oltre un miliardo di euro di cui hanno fatto le spese migliaia di risparmiatori che avevano investito nei bond con il marchio dei pomodori pelati. Era questo in sostanza l’impianto dell’accusa al processo per la prima delle due grandi bancarotte di inizio millennio (l’altra è la Parmalat). E la sentenza di ieri del tribunale di Roma conferma in buona parte la tesi dei pm Gustavo de Marinis, Paola Filippi, Rodolfo Sabelli”…
“Il doppio colpo però, quello di Trieste (con la regia di Mediobanca) e quello del tribunale, rende più difficile da attuare ogni progetto di rivincita, di rientro alla grande nel mondo della finanza che conta…”
“Di ipotesi in questo senso ne sono circolate molte nelle settimane scorse. Alimentate anche dal fatto che erano davvero in pochi gli osservatori disposti a credere a un Geronzi completamente fuori dai giochi nonostante i 76 anni compiuti a febbraio. Anche l’inchiesta napoletana su Luigi Bisignani, che ben conosceva e frequentava il banchiere romano, contribuisce però a creare la sensazione che sia proprio finita un’epoca, che certo potere romano abbia sempre maggiori difficoltà a riorganizzarsi. Staremo a vedere se l’arzillo vecchietto, per usare la celebre definizione di Diego Della Valle davvero si rassegnerà alla pensione”…
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