Con “Iran, viaggio al centro del nucleare”, Vanna Vannuccini, su Repubblica, offre un saggio di giornalismo come se ne trova ormai di rado in Italia. Ormai vanno per la maggiore quelli che scrivono a effetti speciali, fanno letteratura da un soldo (ignorando la semplicità di Mann, Balzac, Chateaubriand, Dumas, Walpole e quanti ne volete. Questo articolo, che sbagliando non è stato messo on line, si sviluppa con un ritmo anche emozionante, ma non costringe il lettore ad acrobazie, si capisce tutto, dalla prima ll’ultima parola.
Vanna Vannuccini è stata inviato speciale di Repubblica, per molti anni corrispondente dalla Germania e più di recente inviata in Iran. Tra le fondatrici di “Effe”, una delle prime riviste femministe italiane, ha scritto diversi libri, l’ultimo “L’amore a 70 anni”, nel 2012.
L’articolo, datato Natanz, fonde note di colore e dettagli tecnici e di alta e bassa politica con una bravura di cui sembrava essersi persa traccia. L’inizio ha un ritmo un po’ angosciante:
“Un rombo sordo arriva dalla strada. Convogli militari attraversano la periferia est della città, invisibili nella sera senza luna. I raggi intermittenti dei fari delle torri di controllo entrano dalla finestra, si riflettono sul soffitto del ristorante. Un cameriere chiude le tende. Natanz, con i suoi 12mila abitanti, si trova ai piedi di Kuh-e-Karkas, la montagna degli avvoltoi; rinomata per il clima, i frutteti ricchi dell’acqua che scende dal monte, e un antico monastero sufi. Molte famiglie di Teheran hanno qui case per il fine settimana. Ci si arriva in un paio d’ore, scendendo verso sud in direzione di Isfahan attraverso il deserto. “Paradiso di montagna” era l’appellativo con cui Natanz era conosciuta. Ma oggi è diventato un altro: città atomica. Quando i capi di governo del mondo discutono di un possibile attacco militare contro il programma atomico iraniano intendono soprattutto Natanz. È Natanz il cuore del programma”.
Si dipana il racconto:
“Di fronte alla città, a due passi dall’autostrada, circondato da rotoli di filo spinato e protetto da torri di controllo e fari girevoli, c’è l’impianto per l’arricchimento dell’uranio con il suo Fep, che produce uranio arricchito al 5%, e il suo Pfep, un impianto pilota che arricchisce al 20% (quest’ultimo, sostiene il governo iraniano, servirà per il reattore sperimentale di Teheran utilizzato per la medicina nucleare). Distruggere Natanz non sarebbe facile. L’impianto copre un’area di una ventina di chilometri quadri ed è costruito otto metri sotto terra, circondato da un muro di cemento armato spesso quasi tremetrieprotettoall’internoda un altro muro”.
“Da fuori si intravedono solo i cannoni antiaerei messi a difesa dell’impianto. «Se arrivano gli aerei israeliani ne faranno fuori parecchi » dice l’oste in un ristorante cittadino. La maggioranza dei clienti del ristorante pensa che il governo dovrebbe trattare e non mettere a rischio il paese; alcuni invece sono stufi che l’Occidente spadroneggi e rifiuti di riconoscere un diritto dell’Iran. Quando nel 2004 le centrifughe di Natanz entrarono in funzione, ci si preoccupò soprattutto perché sarebbero venuti meno turisti, racconta l’oste. Così infatti è stato. Non solo i turisti stranieri, che ormai sono scomparsi dall’Iran (un paese per patrimonio culturale e artistico fra i primi nel mondo, al 138esimo posto per numero di visitatori). Anche i teheranesi hanno smesso di venire. Ma poi l’impianto nucleare ha avuto bisogno di forza lavoro, i negozi hanno decuplicato gli affari, il prezzo di case e terreni è salito alle stelle. «Ormai il destino di Natanz è legato all’impianto nucleare» dice uno dei clienti”.
Dal colore si passa ai fatti. Gli iraniani sembrano convenire su un punto:
“Se il regime voglia costruire davvero una bomba o solo produrre combustibile per l’energia elettrica lui non lo sa, ma anche nel primo caso non avrebbe tutti i torti: «La bomba ce l’ha Israele e perfino il Pakistan che per anni ha ospitato Bin Laden. Ma, incredibilmente, il mondo ha paura solo dell’Iran!»”.
Poi la cronaca di questi giorni:
“Le trattative sul dossier nucleare riprenderanno il 25 febbraio in Kazakistan. Oggi gli ispettori dell’Aiea sono a Natanz per la terza volta in tre mesi, dopo che a lungo le due parti si erano accusate a vicenda di bloccare il negoziato […] ma l’intesa resta sempre lontana”.
Flashback:
“Nel 2010 un compromesso sembrava raggiunto, ma Ahmadinejad fu immediatamente sconfessato a Teheran: la politica iraniana è così polarizzata che i rivali del presidente preferirono bloccare un’intesa di cui Ahmadinejad avrebbe avuto il merito. «L’Iran vuole che l’agenda nel nuovo round di colloqui menzioni esplicitamente le sanzioni e il diritto ad arricchire l’uranio, dopodi che è disposto a trattare su tutto » mi ha detto a Teheran il portavoce del governo Ramin Mehmanparast. Il ministero degli Esteri ha fatto sapere di essere disposto a firmare “un accordo complessivo” in questo senso.
“Gli iraniani hanno distillato questo passato in due concetti: la “perfidia” occidentale e le virtù cardinali dell’autosufficienza e del rispetto di sé. Alla fine del 2009, gli scienziati che lavoravano a Natanz si accorsero che le centrifughe avevano cominciato a girare fuori controllo e ad autodistruggersi. Sembra che nel mezzo della notte alcuni computer cominciassero a emettere a tutto volume le note di Thunderstruck, la canzone degli AC/DC, un gruppo rock degli anni 90. È seguita una vera e propria guerra fatta di virus, di attentati a scienziati, di esplosioni misteriose.
Intanto l’Iran
“in questi giorni ha attivato a Natanz centrifughe Ir-2 di nuova generazione, che permettono di arricchire l’uranio a una velocità due volte e mezzo superiore ai vecchi modelli. I sospetti cominciarono qui: nel 2002, [con la denuncia che ] Teheran stava segretamente costruendo due impianti nucleari a Natanz dove il governo iraniano affermava di voler invece dissodare il deserto per renderlo coltivabile. Nel 2003 tre ministri degli Esteri europei volarono a Teheran e riuscirono a ottenere una pausa nel programma di arricchimento. Ma gli Stati Uniti allora erano interessati solo a un cambio di regime. […] «Gli Usa non faranno mai nulla che possa accrescere la legittimità degli ayatollah» disse Condoleezza Rice agli europei. Il negoziato si bloccò”.
Ora però, nota Vannuccini, con un filo di speranza,
“un compromesso è ancora possibile. Anche la Cia non ha trovato prove che l’Iran voglia costruire l’arma nucleare, solo una “ambiguità strategica”. Come se gli iraniani dicessero: potremmo, se volessimo; e dipende da voi se un giorno vorremo”.
“Il 2013 sarà l’anno decisivo, dicono tutti a Natanz”.