ROMA – Cinquant’anni fa Nicola Pistelli, fondatore di “Politica“, moriva giovanissimo, in un incidente stradale. Un quotidiano che fu un terremoto di idee e di moderna tecnica giornalistica.
Scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi:
Sono stato preso alla sprovvista da un anniversario al quale non pensavo ma che mi ha richiamato bruscamente alla mente la grande avventura giornalistica del quindicinale «Politica». Cinquant’anni fa infatti,il suo fondatore e direttore, Nicola Pistelli, morì in un incidente stradale all’età di soli 35 anni.
Aveva fondato Politica nove anni prima, nel 1955. Un quindicinale, questo, che, per motivi economici, non solo non riusciva ad essere settimanale ma che, non potendosi permettere di raggiungere le edicole, veniva venduto solo per abbonamento.
Politica era fatto da giovani fiorentini della sinistra di Base della Dc, quella che, a livello nazionale si riconosceva in Giovanni Marcora di cui,peraltro, era l’esatto contrario.Tanto Marcora era schietto, semplificatore, diretto, concreto, padano, muscolare, tanto la redazione di Politica (e,in particolare, Nicola Pistelli) era sofisticata, critica, intellettuale, internazionale.
Gente, questi di Politica, diversa anche dai dc di allora. Si erano meritati, dal cardinal Ruffini, l’epiteto di «comunistelli di sacrestia». Non era vero niente, ma per loro, quella qualifica, veniva vissuta come una specie decorazione al merito. La redazione era guidata da Nicola Pistelli che, come tutti i tycoon, se l’era ovviamente cucita su misura.
Mi imbattei per caso, all’età di 15 anni, in Politica. Leggevo già, regolarmente, anche se da poco tempo, il corposo mensile francese «Esprit» di Emmanuel Mounier e l’altrettanto stimolante washingtoniano «Foreign Affair». Il primo mi arrivava con un ritardo di due mesi sulla data di uscita e il secondo con un ritardo di quattro mesi. Per motivi economici, avevo scelto l’invio via mare, ma si vede che Foreign Affair faceva anche molte soste prima di arrivare a casa mia. Non era come oggi con Internet.
Di Politica mi colpì subito tutto. Ne rimasi abbagliato. Quel quindicinale infatti era un ossimoro editoriale, dato che era un periodico fiorentino, scritto da fiorentini ma con una forte, anche se non compiaciuta, dimensione internazionale. Era scritto come solo i fiorentini colti e senza il birignao dell’Arno, sanno scrivere l’italiano. Quella prosa, per me, che ero di madre lingua piacentina e che avevo poi acquisito, non senza fatica, l’italiano come lingua scolastica, per poi inerpicarmi da solo col francese (mia lingua dell’anima) e con l’inglese (mia lingua pratica), l’italiano di Politica,dicevo, era stato una folgorazione.
L’assaporavo, lo studiavo, lo imitavo, lo godevo. Era un italiano privo di asperità, sorgivo, scorrevole, musicale, imprevedibile, irridente. Era l’italiano non solo di Nicola Pistelli ma anche, per citare due amici inarrivabili, di Romanello Cantini (un preside di scuola media che di politica internazionale ne sapeva come Kissinger) o di Florio Colomeiciuc, un pistoeise trasgressivo, impertinente come Sergio Saviane o Leo Longanesi.
Politica è stato, per me e per tanti altri giovani sparsi per tutt’Italia, il giornale della formazione.
Un piccolo grande giornale. Non solo per le idee che veicolava ma anche per il modo con il quale le porgeva. La grafica era rubustamente essenziale. I titoli erano intelligentemente spiazzanti. Le rubriche erano birichine e, quando serviva, (cioè quasi sempre) abrasive. Le foto erano evocative e ammiccanti.
Non so dove Pistelli (che di Politica, ripeto, era l’irripetibile protagonista, one man show) avesse appreso quelle straordinarie tecnicalità del mestiere. Di sicuro non aveva fatto una scuola di giornalismo. Lo si sarebbe visto subito. Per questo non era debitore ai miseri stilemi del giornalismo di allora.
Aveva inventato di sana pianta un genere giornalistico. Pistelli non aveva mezzi, ma aveva idee. Per questo raggiunse, in tutt’Italia, giovani che provavano il vomito a prendere in mano la stampa della Dc ma che avvertivano l’orticaria anche ad aprire il Corriere della sera (di allora) o persino l’Espresso che peraltro era il più avantidi tutti.
Il primo, nei tardi anni Cinquanta, era ancora, pateticamente, filo-governativo per partito preso e ottocentesco come approccio. Il secondo era fintamente anti-sistema: sparava con la bocca, diffondendo fumogeni, più che proiettili.
Purtroppo Politica durò troppo poco. Nove anni, dalla fondazione nel 1955, alla morte di chi lo aveva inventato. Come tutti i giornali significativi, era fortemente connotato dalla personalita straripante del suo direttore factotum. Politica, è inutile girarci attorno, era Nicola Pistelli.
Morto Pistelli, morì anche Politica. Non perchè Pistelli fosse un uomo chiuso nel suo fortilizio ma perchè era unico e perciò irripetibile e quindi insostitubile. Politica il suo abito su misura, cucito sulla personalità del suo fondatore (…)