PALERMO – Marina Berlusconi attacca i giudici di Palermo (“un incubo dalla discesa in campo” di papà Silvio) e poi ha confermato che i conti sotto inchiesta a Palermo (di cui era cointestaria) erano “a sua insaputa”. La figlia dell’ex presidente del Consiglio ha scritto una lettera, pubblicata da Il Giornale, all’indomani del suo interrogatorio.
Marina Berlusconi è stata chiamata a testimoniare nell’ambito dell’inchiesta in cui il senatore Pdl Marcello Dell’Utri è indagato per presunta estorsione ai danni di Silvio Berlusconi. Secondo l’accusa, alcuni degli assegni “sospetti” che Berlusconi ha versato a Dell’Utri sarebbero partiti proprio da un conto cointestato alla figlia Marina.
La Berlusconi si chiede: “Ma perché la Procura di Palermo è interessata a sentire proprio me su questo cumulo di assurdità? Sempre dai giornali apprendo che si parla di un conto cointestato mio e di mio padre, da cui sarebbero partiti due dei bonifici indirizzati a Dell’Utri e a suoi famigliari. Io però di questo conto non ricordo neppure l’esistenza”.
Marina Berlusconi però ammette: “Faccio le verifiche, e in effetti emerge che è esistito fino a sette anni fa, anche se non ne ho mai avuto la disponibilità. Che cosa devo andare a dire allora alla Procura di Palermo? Che di questo conto non ricordo assolutamente nulla? Che peraltro non trovo nulla di strano nel fatto che mio padre senta, direi, il dovere di sostenere un prezioso collaboratore il quale è improvvisamente sprofondato in un incubo che da quasi vent’anni lo costringe a trascinarsi da un tribunale a una Procura, un incubo che gli ha rovinato non solo la carriera ma anche la vita, un incubo che è guarda caso comparso in contemporanea con la discesa in campo di mio padre? È la pura verità”.
Poi Marina Berlusconi parla dell’interrogatorio: Rispondo a tutte le domande (una ventina di minuti complessivamente), riparto senza dire nulla- rispettosa del segreto di indagine – alla stampa che qualcuno mi ha fatto trovare schierata in forze all’uscita. Risultato? Nel giro di poche ore mi vedo precipitata nell’inferno mediatico. Nei tg della sera la mia foto si mescola con quelle dei boss e di orribili stragi, tutto tenuto insieme da una parola che mi mette i brividi solo a pronunciarla: mafia.
Poi se la prende con i giornali: Peggio avviene con i giornali di stamane. Ben forniti dai soliti noti «ambienti giudiziari» di mezze verità e bugie intere, mi descrivono come una teste evasiva o che aveva l’unica preoccupazione di evitarsi problemi. Eccola qui l’alternativa folle, assurda, inaccettabile: o menti, raccontando quello che da te si vorrebbe sentire anche se non è vero, o dici la verità e allora cominciano a circondarti il sospetto e le insinuazioni. E ricordiamoci che stiamo parlando di quanto c’è di più terribile, la mafia.
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