ROMA – Con la riconsegna all’India dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre decisa a fine marzo 2013 dal governo Monti – infilatosi nel vicolo cieco di una crisi diplomatica che, oggettivamente, ha umiliato ed umilia l’Italia – l’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata si dimise sul colpo.
Oggi, intervistato da L’Eco di Bergamo, Terzi, bergamasco anche lui, torna su quelle vicende per sparare a zero (non è affatto uno scoop, di “tradimento” ne ha già parlato) contro l’ex presidente del Consiglio e l’ex ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, rei a suo giudizio di aver anteposto non meglio precisati quando non sospetti (si citano partite di amianto) affari e rapporti commerciali con l’India alla incolumità dei due militari e all’onore italico.
Mi ha scioccato dover constatare quanto il malaffare e le considerazioni sommerse di un’economia che non è trasparente possano influire sulla sicurezza e sulla politica estera del nostro Paese. Si è parlato ad esempio di interessi legati al commercio dell’amianto con l’India. I Governi Letta prima e Renzi poi hanno commesso l’errore di continuare a trovare delle soluzioni sottobanco, delle vie compromissorie nascoste, dei “do ut des” inconfessabili che risolvessero la situazione, anziché proseguire per la strada maestra dell’attivazione dell’arbitrato obbligatorio che era già stata presa a metà marzo 2013. (L’Eco di Bergamo).
Questo riguardo ai marò in particolare, perché sulla politica estera dei governi italiani in generale la censura di Terzi è se possibile ancora più drastica:
Sulla politica estera e di sicurezza, soprattutto quando tocca degli interessi vitali per il Paese, sembra che il Governo abbia perso la bussola. Basti guardare le questioni legate alla sicurezza nel Mediterraneo, i flussi di immigrazione e di terrorismo… Qui noi aspettiamo che l’Onu e l’Ue ci dicano cosa fare. Abbiamo dimenticato che esistono delle forme di autotutela nazionale che andrebbero messe in atto. (L’Eco di Bergamo).
Sorvolando sullo stile, e la vaghezza delle accuse, va ricordato per onor di cronaca che il muscolare Terzi, almeno secondo le parole in Parlamento del Monti scioccato a sua volta per l’improvvisa defezione del ministro, nell’ultimo Consiglio dei ministri se ne stette buono e zitto. Qualche ora più tardi si dimetteva platealmente senza aver avvertito né il capo del Governo né quello dello Stato replicando le stesse accuse di oggi. Monti con garbo velenoso (“volevo ringraziarlo ma non l’ho visto né sentito”) alluse ad ambizioni politiche personali (destra-destra) per giustificare le dimissioni e le critiche in una intervista alla Stampa.
“Sono rimasto stupefatto per ciò che il ministro Terzi ha fatto e per ciò che non ha fatto”. Perché l’ex ministro, spiega Monti, “poteva opporsi e non si è opposto”. Quindi l’attacco frontale: ”Ho ragione di ritenere che l’obiettivo” del ministro Terzi ”non fosse quello di modificare una decisione” presa dal governo, ”ma fosse quello più esterno di conseguire altri risultati che magari nei prossimi tempi diventeranno più evidenti. (Blitzquotidiano).
La figuraccia che ancora dura ha riguardato tutta la catena di comando dell’epoca. Nessuno escluso.