ROMA – Renzi un “Berlusconi di sinistra”: la convergenza sul voto e il partito-persona. Al di là e al di sotto delle differenze, esisterebbe tra Berlusconi e Matteo Renzi una “convergenza obiettiva” sul modello di legge elettorale, per giungere in tempi brevi a nuove elezioni e archiviare il Governo Letta. Lorenzo Fuccaro del Corriere della Sera ricava questa sovrapposizione degli opposti a partire dalle dichiarazioni di Berlusconi che ha colto nella battuta con cui il giovane sindaco ha liquidato il sottosegretario dimissionario (“Fassina chi?”) il segnale che la corsa al voto è davvero iniziata e per la quale ha già cominciato ad attrezzarsi con rinnovata lena con l’accelerazione impressa sui nuovi circolo di Forza Italia, lo svecchiamento della nomenclatura. Solo una cosa lo preoccupa davvero: non poter essere lui lo sfidante di Renzi.
Io saprei come sfruttare il suo punto debole. In un confronto diretto gli domanderei: “Matteo, prima di fare politica, che cosa hai fatto, che cosa hai realizzato?” (Lorenzo Fuccaro, Corriere della Sera)
Ma su tutto il resto, l’ammirazione del vecchio leader per il rampante segretario Pd è totale. Anche con Fassina, Renzi avrebbe dimostrato, secondo Berlusconi, di essere uno che “sta nelle cose, è chiaro, non ricorre a gesti da teatrino della politica. È davvero un avversario temibile”. La sua, però, non corrisponde a una semplice attrazione fatale: riguarda, in maniera più ampia, la questione della leadership politica nell’Italia di oggi. In sintesi la personalizzazione estrema della politica, uno stravolgimento attuale delle tradizionali modalità di scelta dei leader introdotta a forza nella politica nazionale proprio dall’esperienza berlusconiana.
Sul tema, Stefano Folli offre una lettura interessante attraverso il contributo scientifico di Fabio Bordignon che con il saggio “Il partito del capo. Da Berlusconi a Renzi”, verifica le condizioni di questa trasformazione nel punto di incontro storico tra il tramonto del berlusconismo e l’avvento di un leader carismatico nella sinistra (cui va aggiunto di necessità anche Beppe Grillo, ovvero la personificazione dell’anti-politica). Senza che l’affermazione “Renzi, un Berlusconi di sinistra” venga posta secondo le categorie politiche degli avversari interni del sindaco (anche Eugenio Scalfari deplora il modello del leader solitario, alla Mussolini).
Il Berlusconi del ’94, e ancor più quello del 2001, aveva imposto un modello, un nuovo modo di comunicare con gli elettori. A tale modello iper personalizzato il centrosinistra ha finito per adeguarsi, prima con Veltroni e ora in forme più compiute con il sindaco di Firenze. Ovvio che il percorso è stato e resta accidentato. Le resistenze al “renzismo” sono state significative all’interno del Pd ed è tutto da dimostrare, in questo inizio d’anno, che il nuovo leader riesca a fare buon uso del notevole potere che le primarie hanno messo nelle sue mani, al di là e al di sopra dei vecchi apparati. (Stefano Folli, Il Sole 24 Ore)
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