ROMA – Il Pil del 2014 starà a galla grazie a spese militari e prostitute. Nelle stime del Pil che sta elaborando l’Istat entrano infatti
“cacciabombardieri F35, contrabbandieri, mercato illegale del e del gioco”,
informa Andrea Bassi sul Messaggero di Roma.
Sarà grazie a queste voci un po’ fuori dal vocabolario della sinistra da salotto e delle persone perbene in genere
“se il Governo italiano quest’anno non dovrà correggere i conti dell’anno in corso e riuscirà a ridurre il debito pubblico di un paio di punti senza colpo ferire,[…] potrebbe dover dire grazie [a queste] voci che, tra qualche settimana, saranno inserite dall’Istat nelle nuove stime del Pil, il prodotto interno lordo”.
Vien quasi da pensare che tutti i discorsi che fa Matteo Renzi su un confronto muscolare con la Ue siano solo una messinscena, per poi farci passare come grande vittoria italiana gli effetti di una decisione presa altrove.
Le modifiche di criterio di cui beneficerà l’Italia, sia ben chiaro, non saranno una cosa irregolare ma questo avverrà nel rispetto delle nuove regole internazionali di statistica:
“A permetterlo in tutta Europa, saranno le nuove regole statistiche del Sec 2010 che sostituiranno quelle ormai obsolete del Sec 1995”.
Ma nulla è semplice in Italia, nemmeno l’aritmetica. Il 25 luglio 2014, sul sito della Voce, Tito Boeri aveva spiegato che ancora non si sa con precisione cosa sarà che cosa e dove sarà cosa. Mentre negli altri Paesi europei gli uffici di statistica nazionali hanno fatto i loro bravi compiti, in Italia ci si è occupati d’altro, tanta politica, con un presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, trasformato in ministro del Lavoro senza che qualcuno pensasse a sostituirlo,
Ora l’Italia, ma guarda un po’, è in grave ritardo e per colpa di Mario Monti e Enrico Letta, tra i peggio primi ministri della storia della Repubblica, ora Matteo Renzi rischia di perdere un altro pezzo di faccia in Europa. Avverte Tito Boeri:
” Lo stesso perimetro della manovra di bilancio rischia di rimanere indefinito fino a inizio ottobre quando l’Istat renderà disponibili le nuove serie del prodotto interno lordo, del debito pubblico, etc., definite sulla base delle nuove regole adottate a livello europeo per la contabilità nazionale (Sec). Sono le grandezze necessarie per definire i saldi 2015.
Renzi si è impegnato a presentare la manovra in agosto e comunque il Governo, al di là delle scadenze sulle riforme non sempre prese troppo in considerazione dal Presidente del Consiglio, il governo deve per legge presentare in Parlamento la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Def) entro il 20 settembre. Avremo così paradossalmente una nota di aggiornamento destinata a sua volta ad essere aggiornata nel giro di pochi giorni.
Non si può dare colpa al Governo Renzi di questo ritardo dell’Istat. Semmai la responsabilità è dell’esecutivo precedente che ha lasciato per troppo tempo vacante il posto di Presidente dell’Istat dopo che a Enrico Giovannini era stato chiesto di diventare ministro. Ci siamo così rassegnati nel 2014 a non avere ancora i dati del censimento 2011.
Ma questa volta il danno è molto più grave. Urge un ripensamento e una revisione del calendario Istat. Sarà la prima vera sfida del neo-presidente, Giorgio Alleva.[contro la nomina del quale a presidente dell’Istat, peraltro, Tito Boeri e altri suoi colleghi si erano rumoroaente schierati]. Non possiamo permetterci ulteriori ritardi rispetto agli altri paesi del sistema integrato di statistiche europee, che hanno già proceduto alla revisione della contabilità”.
Sembra che in parte almeno Giorgio Alleva si sia dato da fare. Riferisce infatti Andrea Bassi:
“Fino a qualche settimana fa c’era un problema di tempi. L’Istat aveva programmato di diffondere le nuove statistiche sul Pil il prossimo 3 ottobre. Troppo tardi per il governo che, invece, deve licenziare la nota di aggiornamento del documento di finanza entro il 20 settembre. Così l’Istat, nei giorni scorsi, ha deciso di anticipare al 22 settembre le nuove stime, anticipando una prima nota già il 9 settembre”.
Il motivo lo ha spiegato lo stesso istituto. Si può peraltro pensare che, dettagli e possibili sciocchezze di scienziati e di burocrati a parte, la sostanza sia chiara nelle sue linee generali. Come ha scritto Andrea Bassi,
“le novità non sono poche e non sono di poco conto. La Banca centrale europea, nel suo ultimo bollettino mensile, quello di agosto, lo stesso in cui Mario Draghi ha aperto a nuove «misure non convenzionali», ha dedicato un intero capitolo alla revisione delle stime del Pil, ricordando come ad incidere sul prodotto saranno soprattutto quelle per Ricerca e Sviluppo, i cui costi, per la prima volta, non saranno considerati consumi intermedi ma investimenti. Questo significa, appunto, che andranno ad aumentare il livello del Pil. Lo stesso destino toccherà alle spese per armamenti come caccia, navi o carri armati. Francoforte ricorda come, secondo le stime preliminari di Eurostat, l’organismo europeo di statistica, l’impatto medio sul Pil dei paesi europei di questa revisione delle stime sarà circa del 2,5 per cento.
“Per l’Italia, in realtà, la stessa Eurostat ha previsto un impatto leggermente inferiore, tra l’1 e il 2 per cento. Ma i calcoli fatti dall’istituto europeo non tengono conto dell’economia illegale che pure un impatto in positivo in termini di prodotto lordo lo avrà. Di quanto? Per ora ancora non ci sono dati. Va però considerato che il sommerso è già incluso nel Pil, da inserire insomma, restano i proventi delle attività più propriamente criminali: contrabbando, spaccio e prostituzione [che criminale non è ma è, per l’ipocrisia imperante, dalla Legge Merlin a oggi, esentasse].
Quattro economisti della Banca d’Italia (Ardizzi, Petraglia, Piacenza e Turati) avevano stimato in un loro studio, in 150 miliardi di euro il peso dell’economia illegale. Ma i primi rumors parlano di cifre nettamente inferiori”.
Cosa accadrà ai conti pubblici? si chiede a questo punto Andrea Bassi:
“Molto dipende, ovviamente, da quante saranno le spese che l’Istat inserirà nel nuovo conteggio del Pil. Gli analisti di Credit Suisse in un recente report, hanno ricordato che, se da un lato è vero che Eurostat ha calcolato l’impatto medio sul Pil del 2,5 per cento in Europa, è anche verso che negli Usa dove il nuovo sistema è stato introdotto un anno fa, l’aumento del Pil è stato del 3,5 per cento. Anche per la Francia, che ha anticipato tutti, il Sec 2010 ha fatto salire il prodotto del 3,2 per cento. In Italia ogni punto di Pil vale circa 16 miliardi di euro. Due punti significherebbero un aumento dunque, di 32 miliardi.
Il Pil è il denominatore dei due principali rapporti su cui la Commissione europea emette i suoi giudizi: il deficit e il debito. Sul primo indicatore un aumento di due punti percentuali del Pil avrebbe un impatto limitato, nell’ordine dello 0,1 per cento, in pratica poco meno di un miliardo di euro.
Ma quest’anno l’Italia balla sul filo del 3 per cento previsto dal trattato di Maastricht e, dunque, quello 0,1 per cento potrebbe fare la differenza tra la procedura d’infrazione e la salvezza. Del resto lo scorso anno per rientrare nei parametri di Maastricht il governo Letta fu costretto ad una manovra di correzione da 1,6 miliardi per ridurre il deficit dello 0,15 per cento.
L’impatto sul rapporto debito-Pil, invece, sarebbe più rilevante, circa 2 punti percentuali. E questa sarebbe, in vista degli impegni del Fiscal compact, una buona notizia”.