ROMA – Segui in diretta streaming la riunione della direzione nazionale del Pd. Quella in cui il partito guidato dal premier Matteo Renzi deve decidere la posizione da tenere sulla riforma del lavoro. Si scontrano due posizioni: la prima, maggioritaria, è quella di Renzi che vuole “tirare dritto” sulla riforma del mercato del lavoro, compresa l’abolizione dell’articolo 18, quello che disciplina i casi di licenziamento per ingiusta causa. Dall’altra la minoranza pd, che conta fra i suoi vari esponenti l’ex segretario Pier Luigi Bersani, che ha dichiarato di “aspettarsi regali” da questa direzione (oggi è il giorno del suo compleanno).
Alcune dichiarazioni del “prepartita”:
Bersani, in direzione mi aspetto pochi regali compleanno
“Vado in direzione. Passa Renzi, dice la sua, noi ascoltiamo poi votiamo. Regali me ne aspetto pochi oggi”. Così Pier Luigi Bersani, in un’intervista a Radio Deejay, descrive come trascorrerà il giorno del suo compleanno. “Ho rischiato di non compierli” i 63 anni, dice con riferimento alla sua malattia. “La situazione capivo che era molto grave. Mi sono un pò spaventato ma meno di quello che si possa pensare”. Ora, spiega, “forse sono diventato più impaziente, sopporto meno le cazzate”. E con riferimento all’intervista di Matteo Renzi a “Che tempo che fa”, racconta: “Ormai un pò di distacco in più ce l’ho”.Cofferati, io rottamato dalla direzione del partito
“Non sono nella Direzione, sono uno dei fondatori che non sta in Direzione. Ma capita, la politica di oggi è anche questo”. Lo afferma Sergio Cofferati intervenendo a Coffee Break su La7. “Per quanto riguarda la Direzione mi sento rottamato”, risponde Cofferati alla domanda della conduttrice.Renzi: “Io non mollo”
“Io non mollo”assicura il premier in un’intervista a Repubblica. Le minoranze però non ci stanno, e insistono nel chiedere un dibattito aperto, che rimetta in discussione alcuni dei capitoli chiave del provvedimento. Soprattutto invitano il premier a evitare aut aut. E c’è chi (come Francesco Boccia, Stefano Fassina, Pippo Civati e i cuperliani) è anche pronto a presentare un documento in Direzione con il quale si chiede di allineare la discussione sulla Legge di Stabilità a quella sulla riforma del lavoro. Sarà la direzione, viene spiegato, a decidere se questo testo debba essere messo ai voti ma l’importante sarà la discussione che genererà: Renzi – è il ragionamento – dovrà ascoltare delle ragioni oggettive e scegliere fra un pezzo del partito o Ncd (che proprio oggi è tornato a tuonare, sostenendo come l’intesa raggiunta in Senato sia immodificabile e addirittura con Angelino Alfano non nascondendo di auspicare un decreto legge).
Una battaglia, quelle delle minoranze, che però assicura Pier Luigi Bersani non ha come derivata “il pericolo scissione”, evocato ieri da Civati. Ma “chi ha responsabilità di dirigere – insiste l’ex segretario – deve cercare una sintesi”. Bersani fa sapere che la minoranza Pd non accettrà il “prendere o lasciare” sull’art. 18 e dirà no a ricette “di destra”.
E contro una cancellazione tout court dell’articolo 18 scende in campo anche Massimo D’Alema, che dice non solo di non vedere alcuna urgenza su questo fronte ma anche di sospettare che da parte di Renzi ci sia il tentativo di accreditarsi nei confronti delle forze conservatrici dominanti in Europa.
Nonostante posizioni così distanti c’è anche chi, come il presidente del partito e esponente dei Giovani Turchi Matteo Orfini, prova a far vedere una soluzione di mediazione a portata di mano: “Siamo d’accordo al 90%”, rassicura. L’idea è di puntare sul rafforzamento dei licenziamenti cosiddetti discriminatori, sulla falsariga delle proposte di Rughetti e Chiamparino, allargando le tipologie che rientrano in questa casistica e per le quali è quindi previsto il reintegro sul posto di lavoro. Una opzione già snobbata dalle minoranze nei giorni scorsi e che però insistono nel proporre soluzioni (dal periodo di prova di 3/4 anni senza art. 18 al monitoraggio, come dice ad esempio Cesare Damiano e come è scritto negli emendamenti già presentati in Senato) a cui Renzi ha chiuso, a sua volta, la porta.
E così diventa sempre più probabile che quello che si consumerà domani sarà uno scontro fra la maggioranza del partito e le minoranze che, non si esclude, potrebbe portare anche ad un voto contrario sancendo per la prima volta la spaccatura nel Pd.
Scenari che non sembrano spaventare il premier, convinto della necessità di andare avanti nonostante le critiche che in questi ultimi giorni gli sono piovute addosso anche dai “poteri forti”, dal mondo ecclesiastico a quello imprenditoriale. Di questi giorni l’attacco di un ex sostenitore come Diego Della Valle, che tra l’altro starebbe pensando di scendere nell’arena politica, e con cui Renzi si dice però pronto a misurarsi senza timori.