Un evento più unico che raro. Il Senato ha accettato le dimissioni di Nicola Di Girolamo, coinvolto nell’inchiesta sul maxi riciclaggio Fastweb e Telecom. Un voto quello del Senato che è stato preceduto da un breve applauso del centrodestra che ha subito dato fuoco alle polemiche.
Ma tra lo sdegno dell’opposizione e la maggioranza che dice di aver appaludito per umiltà, c’è un dato importantissimo da registrare. È la prima volta dopo almeno cento anni che il Parlamento accetta le dimissioni di un suo membro indagato, ammettendo così che i fatti contestati al senatore siano se non veri almeno plausibili. E per andare a cercare un caso simile a quello di Di Girolamo si deve tornare con la memoria al 1888.
Un gesto di portata storica, dunque, perché il Parlamento tende solitamente a difendere e proteggere fino all’ultimo i suoi membri. Una copertura “di casta” che serve per garantire al deputato o senatore le garanzie di immunità parlamentare, seppur parziale dopo la riforma del 1992.
E se il Parlamento solitamente tende a non concedere l’autorizzazione a provvedimenti di custodia cautelare (come ha fatto per Nicola Cosentino e per lo stesso Di Girolamo nel 2008) , figuriamoci se accetta le dimissioni dei suoi membri esponendoli al pubblico giudizio senza alcuna schermatura. Eppure questa volta è successo e l’evento segna una svolta nella storia istituzionale italiana.
In precedenza si ricordano solo due volte in cui il Parlamento ha accettato le dimissioni di un suo componente per motivi giudiziari. Una è quella che riguarda Cesare Previti nel 2007. Dopo la condanna a sei anni nel processo Imi-Sir, la Camera accettò le dimissioni di Previti. Ma la storia differisce da quella di Di Girolamo per un dato importantissimo: Previti aveva a suo carico una condanna passata in giudicato. Oggi Di Girolamo è solo indagato.
Ma per trovare una storia simile a quella di Di Girolamo si deve andare indietro con la memoria agli ultimi anni dell’800. La storia ci racconta la vicenda di Achille del Giudice, senatore al centro di un vero e proprio scandalo fiscale che nel giro di pochi mesi fece emergere una storia di debiti, doppie ipoteche, assegni falsi. Travolto dallo scandalo Del Giudice decise di dimettersi e il Senato approvò.
A quasi 130 anni di distanza la storia sembra ripetersi. Ma la portata della nuova decisione del Senato non può non tener conto del contesto politico in cui viviamo. Un contesto di aperto e sempre più aspro scontro tra la politica e magistratura. Con le istituzioni che si fanno roccaforti a sostegno della casta e i giudici che tentano di attaccarne le mura. La decisione del Senato sul caso Di Girolamo potrebbe anche essere un segnale di rottura.
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