BRUXELLES – Bruxelles, tra i superstiti all’aeroporto: “Ero al Bataclan”. Poco prima delle 8, la hall delle partenze all’aeroporto Zaventem brulica di pendolari e turisti, di impiegati e inservienti. Per undici di loro il tempo si fermerà per sempre pochi minuti dopo. Gli altri non sanno che avranno scampato un pericolo mortale.
Per una coincidenza fortunata, per un piccolo ritardo, per una sigaretta. Come è successo allo chef italiano Pietro Consorti, in transito a Bruxelles di ritorno dagli Stati Uniti dove lavora: il volo per Milano era programmato per mezzogiorno, decidere di concedersi una fumata gli ha salvato la vita.
Per Lahouani Ziahi, francese, è la seconda volta che il destino bussa invano, fortunatamente per lui. E’ riuscito a scappare, a farsi largo tra la folla , in mezzo al panico, nel fuggi-fuggi generale: “Il 13 novembre ero davanti al Bataclan, oggi sono qui”, deve confessare. Non si sente un miracolato, tutt’altro. “No, piuttosto mi sento un perseguitato”, dichiara all’inviato della Stampa Marco Bresolin.
Quando mancano due minuti alle 8, il primo boato. Tra il banco della Bruxelles Airlines e quello dell’American Airlines, il numero 8 e il 10. «Ho sentito alcune urla in arabo – racconta Alfonse Youla, addetto alla sicurezza dei bagagli – poi un’enorme deflagrazione». Anthony Deloos, che lavora per Swissport si nasconde dietro il tapis-roulant dei bagagli. Sangue, polvere, urla. È già un disastro. Ma Antoine e Alain sono troppo lontani, «sembrava solo un vetro rotto». Passa un minuto, forse due. La seconda deflagrazione la sentono anche loro: «Era molto più forte, o forse solo più vicina». Si nascondono sotto i tavoli. Adamo sente la terra tremare sotto i suoi piedi: «Ho pensato al terremoto». (Marco Bresolin, La Stampa)