LUGANO – Le cliniche per la fertilità della Svizzera mancano di ‘materia prima’: dopo l’istituzione della nuova legge in materia di fecondazione assistita, che limita a 8 il numero di figli ottenibili da un donatore e ne ha abolito l’anonimato, il numero di donatori di sperma nel paese è calato sensibilmente, tanto da costringere i centri di fertilità ad una vera e propria ‘caccia’ ai donatori. Nel ‘mirino’ degli svizzeri del Canton Ticino sono finiti i ‘prestanti’, ma soprattutto vicini, italiani, che saranno incentivati da un cospicuo rimborso spese.
Luca Jelmoni, direttore del centro ProCrea di Lugano, ha spiegato che “avremmo bisogno di almeno una cinquantina di donatori locali ogni anno, invece facciamo fatica ad averne una dozzina”, situazione problematica quindi per il centro di fertilità, cui si rivolgono molte coppie in cerca di una gravidanza assistita, costituite al 75 per cento da italiani.
Infatti sebbene la legge escluda qualsiasi dovere di paternità e qualsiasi implicazione dal punto di vista ereditario, l’idea che il proprio nome sia sigillato in una busta e conservato per 80 anni presso il ministero della Sanità di Berna a disposizione di un eventuale figlio, che a determinate condizioni potrà quindi conoscere l’identità del padre biologico, è apparsa una responsabilità decisamente ‘castrante’ per gli ipotetici donatori tra i 20 e 40 anni.
Ma dove trovare e come incentivare nuovi donatori, ormai specie in via d’estinzione nelle terre svizzere? Jelmoni del ProCrea ha le idee chiare: aprendo la frontiera agli stranieri e prospettando un maxi compenso di circa 5 mila franchi svizzeri, l’equivalente di quasi 4500 euro, frutto di “una serie regolare di trasferte del seme a Lugano”. Jelmoni ha infatti spiegato che “noi riconosciamo un rimborso spese di 2 mila franchi per ciclo di donazione e ogni ciclo comporta 10 depositi, anche se ogni donatore, mediamente, ne effettua 25”.
Anche Jurg Stamm, direttore del Centro ticinese di fertilità a cui si rivolgono ogni anno 500 nuove coppie, ha sottolineato la gravità della situazione: “appena il numero dei donatori è calato siamo corsi ai ripari, aumentando i rimborsi il che, in tempo di crisi, può far comodo”. Spontaneo chiedersi dunque se i nuovi, e ambiti, donatori cederanno alla causa ticinese per soldi o per solidarietà alle coppie che devono ricorrere alla procreazione assistita, ma Jelmoni rassicura: “la nostra esperienza dimostra che tra i donatori ci sono spesso uomini vicini a coppie toccate dalla problematica dell’infertilità”, se poi i donatori sono ‘carezzati’ da un lauto compenso, che male ci potrà essere?
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