KIEV – “Picchiare i gay? E’ libertà di espressione”: la pensa così Oleh Tyahnybok, leader del partito nazionalista ucraino Svoboda. Con queste parole ha risposto alle accuse per le aggressioni alla marcia per i diritti umani lo scorso 8 dicembre.
Dopo l’arresto di alcuni suoi militanti, il partito ha dovuto ammettere che i responsabili dell’aggressione a cinque ucraini che manifestavano per i diritti degli omosessuali erano legati a Svoboda. Dopo quell‘aggressione sul sito del partito era comparsa la scritta: “Grazie a cinque nazionalisti il sabato di 50 pervertiti (come sono stati definiti gli omosessuali) è stato interrotto”.
Per teppismo e resistenza a pubblico ufficiale sono finiti in manette cinque persone, tra cui due minorenni e un attivista gay.
Svoboda nega che ci siano state aggressioni dirette ai manifestanti omosessuali, ma un attivista LGBT, Timur Lysenko, ha detto al Kyiv Post che tre militanti donne di Svoboda si sono avvicinate a lui e ad un suo amico attivista e hanno tentato di strappare loro dalle mani lo striscione che portavano.
In Ucraina, come nella vicina Russia, non sono rare le aggressioni alle persone omosessuali. La legge vieta di “propagandare” l’omosessualità e di diffondere qualsiasi materiale audio e video su omosessuali, lesbiche e transessuali.
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