ZURIGO – Gli abitanti del cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera, hanno votato oggi – a larga maggioranza – per mantenere l’assistenza al suicidio, anche per i non residenti.
Con questa decisione la Svizzera apre così le frontiere a quello che è stato definito il “turismo della morte”, ossia di chiunque voglia optare per il suicidio assistito ma non può in patria per le leggi che non prevedono questa scelta. Zurigo era chiamata a decidere se continuare ad essere una delle mete di questo “turismo” o se mettere fine del tutto o parzialmente all’attività di chi aiuta chi vuol morire.
L’Unione democratica federale (Udf, di ispirazione cristiana) ha presentato un quesito referendario che chiede al parlamento svizzero di rendere punibile qualsiasi forma di istigazione o di aiuto al suicidio, mentre il Partito evangelico chiede di dare questo tipo di assistenza solo a chi risiede nel cantone da almeno un anno. In Svizzera, l’accompagnamento alla morte nonè vietato a condizione che non sia legato ad alcun motivo egoistico ed è ammesso solo in modo passivo, cioè procurando ad una persona i mezzi per suicidarsi, ma non aiutandola a farlo.
Molto attive nel settore due organizzazioni, Exit e Dignitas. A quest’ultima si rivolgono in particolare molti stranieri che, a causa delle legislazioni proibizioniste dei propri paesi, non possono essere accompagnati alla morte in patria. Questo tipo di ‘turismo per morire’ ha spesso innescato polemiche anche roventi sulla stampa di molti paesi ed ha fatto nascere l’iniziativa del partito evangelico, per una restrizione dell’assistenza ai soli residenti, che alla vigilia del voto sembrava quella con le maggiori possibilità di essere votata dagli elettori.
L’associazione Dignitas in dieci anni è diventata famosa per aver accompagnato alla morte oltre mille persone, di cui 592 provenienti dalla Germania, 118 dalla Svizzera, 102 dalla Francia, 19 dall’Italia, 18 dagli Stati Uniti e 16 dalla Spagna. Exit, invece, rifiuta di assistere persone non residenti. Dignitas, che vuole aiutare ad una morte dignitosa e senza dolore persone allo stadio terminale di una malattia o disabili gravi, è stata obbligata a cambiare spesso i posti in cui assiste i candidati al suicidio passando da residenze private a camere d’albergo o in uffici.