LA SPEZIA – Alessandro Bergaglio, sergente degli incursori, è morto dopo quasi tre anni di coma per una fatale immersione con un sommergibile. Il calo di pressione nella garitta del sommergibile Gazzana durante una esercitazione gli è stato fatale e Bergaglio è morto a 38 anni il 30 luglio 2015. L’incidente è avvenuto il 4 dicembre 2012 nelle acque al largo di Taranto, ma ora inizia un nuovo processo per gli ufficiali. Dopo la morte del sergente, le accuse sono passate da lesioni colpose a omicidio colposo.
Corrado Ricci sul quotidiano La Nazione scrive che a Taranto è stata fissata l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di Manolo Minuto, ex comandante del sommergibile Gazzana, e Mario Caruso, comandante del Comsubin all’epoca dei fatti:
“Sono accusati entrambi di concorso in omicidio colposo e lesioni gravi: queste ultime sono quelle sofferte dal compagno di esercitazione di Bergaglio, il sottocapo Luciano Pennetta di 36 anni. I reati contestati sono ritenuti conseguenza della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro. Il dramma si era consumato nel Mar Piccolo di Taranto, nella garitta e del sommergibile Gazzana che, con muta e bombole, i due colleghi avevano raggiunto, dopo essere usciti dalla stessa poco prima.
Doveva essere simulata, a 16 metri di profondità, un’operazione di soccorso al sommergibile alle prese con un’avaria. Durante l’operazione di svuotamento dell’abitacolo dall’acqua si verificò un imprevisto che comportò un calo immediato di pressione. Entrambi gli incursori persero i sensi. Lo capirono gli uomini nel sommergibile e sulla nave-appoggio, dopo il silenzio-radio. Soccorsi a razzo ma conseguenze pesanti: lesioni all’apparato uditivo per il sottocapo; al cervello per il sergente”.
Se il sottocapo ha riportato la sordità, e ha dovuto rinunciare alla carriera da incursore, Bergaglio ha passato in coma 2 anni e 7 mesi prima di morire a 38 anni, lasciando una moglie e due figli:
“Nel capo di imputazione formalizzato dal pm Raffaele Graziano, viene contestata ai due alti ufficiali l’inosservanza di specifiche disposizioni per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; l’accusa è quella di aver «omesso di procedere ad una adeguata valutazione dei rischi relativi alle operazioni di svuotamento della garitta del sommergibile anche mediate l’utilizzo di idonee e funzionanti apparecchiature e strumentazioni atte a verificare la pressione e il corretto andamento delle operazioni, nonché, in caso di necessità, a procedere ad una sollecita sospensione delle stesse». Per il pm, la procedura operativa di comunicazione tra gli incursori e il personale di bordo non sarebbe stata idonea”.