MILANO – Con la condanna d’appello nel processo Mediaset, Silvio Berlusconi, nel giro di qualche mese rischia di perdere ogni scudo politico. L’ex premier è stato condannato 4 anni di reclusione, di cui 3 già coperti da indulto, e 5 di interdizione dai pubblici uffici. Ma non è ancora finita: ci sono ancora due procedimenti aperti a suo carico a Milano. Lunedì si torna in aula sul caso Ruby, il pm Ilda Boccassini farà la sua requisitoria ed entro fine mese potrebbe arrivare la sentenza definitiva: l’accusa è di concussione e prostituzione minorile. E sempre a Milano dovrà celebrarsi un giudizio di appello sulla vicenda del “nastro Unipol” per la quale Berlusconi è già stato condannato a un anno di reclusione in primo grado.
Con la sentenza di mercoledì, infatti, il Cavaliere si è visto infliggere due condanne a Milano nel giro di due mesi: lo scorso 7 marzo, i giudici della quarta sezione penale lo ritennero colpevole, assieme al fratello Paolo, di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio per la fuga di notizie della famosa intercettazione Fassino-Consorte (”allora abbiamo una banca”) ai tempi della scalata di Unipol alla Bnl, pubblicata su ‘Il Giornale’ nel dicembre 2005. Entro i primi di giugno, i giudici depositeranno le motivazioni di quella condanna e i legali dell’ex premier avranno 45 giorni di tempo per presentare ricorso in appello. Poi dovrà essere fissata la data del giudizio di secondo grado.
Lunedì prossimo, invece, a meno di colpi di scena, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini dovrebbe pronunciare il suo atto d’accusa con la richiesta di condanna nel processo Ruby, che vede l’ex presidente del Consiglio imputato per concussione e prostituzione minorile per i presunti festini a luci rosse ad Arcore e per la telefonata ai funzionari della Questura nella quale chiedeva, secondo l’accusa, il rilascio della giovane marocchina nel maggio 2010. Dopo la requisitoria, i giudici dovranno fissare un’altra udienza per dare la parola agli avvocati Ghedini e Longo e poi un’altra ancora per repliche e camera di consiglio.
Un ultimo appuntamento per Berlusconi a Palazzo di Giustizia a Milano, però, è pure l’appello sulla causa di separazione con Veronica Lario, previsto per il prossimo anno. Il Tribunale a dicembre ha stabilito 3 milioni al mese di alimenti alla ex moglie. E nei giorni scorsi i giudici di secondo grado hanno respinto, in sostanza, la richiesta del leader del Pdl di sospendere d’urgenza l’esecuzione provvisoria della sentenza, concedendo all’ex premier solo un piccolo sconto: dovrà versare l’assegno mensile non a partire da maggio 2010 bensì da settembre.
Entro fine maggio dunque potrebbe arrivare l’altro duro colpo. Ma per Piero Colaprico, non è da sottovalutare la strategia dilatoria di Berlusconi.
Questo «metodo Berlusconi» s’è visto anche durante il sequestro del ragionier Giuseppe Spinelli, denunciato in ritardo. O con i pagamenti, prima occulti e poi palesi, alle numerose testimoni dei processi per prostituzione che lo riguardano. O con il suggerimento che Berlusconi dette a Piero Marrazzo, ds, ex presidente della Regione Lazio, quando aveva saputo che tra Roma e Milano girava un video da ricatto: e cioè,non di denunciare i ricattatori, ma «acquistare » il filmato. Un uomo delle istituzioni dovrebbe comportarsi così per stare «dentro » la legalità? È una domanda che non si riesce a rivolgergli.
Il prossimo autunno scatta la prescrizione sul caso Unipol. Decisamente troppo in là invece i termini di prescrizione per il processo Mediaset, che decorrerebbero dall’estate 2014. La Cassazione, almeno in teoria, fa in tempo ad emettere sentenza definitiva. Ma, osserva Colaprico, persino la requisitoria della Boccassini è rimasta a metà per via di questa “strategia dilatoria”
prima l’uveite, poi il legittimo impedimento, poi le elezioni avevano tenuto Berlusconi lontano dall’aula. Ma il tempo dei ritardi è scaduto e il procuratore aggiunto Ilda Boccassini sta per chiedere, tra quattro giorni, la sua condanna. È vero, le difese e lo stesso imputato hanno l’ultima parola, ma entro giugno sarà messa la parola fine al primo grado di un processo per fatti avvenuti nel 2010: e qui la prescrizione non è a portatadi mano