Cassiera Esselunga mentì, non è mobbing

cassieraPer la cassiera dell’Esselunga di Milano non c’è stato mobbing: «Perplessità circa la dinamica dei fatti così come ricostruiti dalla vittima, dubbi che ven­gono rafforzati non solo dal quadro patologico di sofferen­za psichica della cassiera, ma anche dalle stesse dichiarazio­ni contraddittorie rese nel­l’immediatezza dei fatti», così spiega il giudice per le indagini preliminari, Maria Grazia Domanico, accogliendo la richiesta di archiviazione già presentata dal pm, Piero Basi­lone.

Nel febbraio scorso la donna aveva raccontato: «Ho chiesto per un’ora e mezzo il cambio alla cassa. Ma non mi hanno permesso di raggiungere i ser­vizi. Così ho subìto una delle peggiori umiliazioni: bagnar­mi davanti a tutti, come acca­de a un neonato».

Poco tempo dopo, a fine mese la cassiera venne picchiata in uno spogliatoio del supermercato: trauma cranico facciale, di­storsione cervicale, ecchimo­si alle gambe e contusione al braccio destro. Questo però non è bastato ai magistrati che non credono alla versione della donna: «L’autore del fatto non è stato identificato e pertanto va accolta la richie­sta di archiviazione».

La vicenda non ha un colpevole, se non -a detta del gip- delle condizioni psicologiche della donna, quindi niente mobbing e nessuna responsabilità per direttore, vicedirettore, ca­pocassiere e addetto alla sor­veglianza del punto vendita: «Le problematiche che la vitti­ma ha evidenziato appaiono legate ai disturbi psichici e al suo stato di sofferenza psico­logica», si legge nel decreto.

La cassiera però non ha inventato di avere chiesto di andare in bagno senza poi ricevere il permesso di un cambio, ma questo non è sufficiente. Il pm nella richiesta di archiviazione par­la di «totale mancanza di atti­vità o volontà persecutoria». La gonna bagnata e le contusioni però c’erano, ma è stata decisiva la perizia di una psichiatra che ha curato la donna dal ’97 al 2007 dichiarando che la paziente soffre di disturbi psichici.

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