ISOLA DEL GIGLIO (GROSSETO) – “Non sono fuggito, sono caduto nella scialuppa”. Francesco Schettino non si dà pace, da comandante della Costa Concordia, naufragata venerdì scorso all’Isola del Giglio, non vuole passare per il capitan “sventura” delle crociere. E’ il 17 gennaio, sono passati quattro giorni dalla tragedia, si difende con i magistrati. Il suo interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari, che ha deciso di concedergli i domiciliari, si regge su un leit motiv: “Non ho abbandonato la nave”.
Che fosse sugli scogli già a mezzanotte e mezza, però, lo dimostrano le chiamate con la Capitaneria di porto, in cui sembra confuso e si contraddice più volte. Davanti ai magistrati Schettino dice che -se avesse voluto- sarebbe scappato, ma non sarebbe ciò che ha fatto.
“Non è vero che sono scappato. Ero caduto accidentalmente fuori dalla nave sul tetto di una scialuppa e non sono più riuscito a risalire perché la scialuppa è rimasta appennellata, sospesa. Poi sono rimasto su uno scoglio del Giglio a coordinare le operazioni di sbarco, se avessi voluto fuggire lo avrei fatto…”.
Eppure, appena 24 ore dal suo resoconto-fiume, è agli arresti domiciliari, nella sua Meta di Sorrento, con la gente del paese intorno che prova a proteggerlo dalla ghigliottina mediatica. Gli arriva un altro colpo: il parroco dell’Isola del Giglio Vittorio Dossi lo smentisce. E’ il 18 gennaio, il prete dice di aver visto Schettino scendere dalla scialuppa con tanto di computer e telefonino al seguito.
Quindi appare improbabile che il comandante sia accidentalmente piombato sulla barca di salvataggio.
E poi se davvero Schettino fosse precipitato verso la sua salvezza, c’è un altro aspetto che semina dubbi. Insieme a lui sulla scialuppa che andava verso gli scogli c’erano il suo vice, Dimitri Christidis e di Silvia Coronica (terzo ufficiale). Dunque della “fuga” del comandante qualcuno sapeva e probabilmente già a bordo i suoi avevano capito e forse tollerato il suo atteggiamento e che -di fatto- non coordinasse le operazioni di evacuazione dalla nave, ma da fuori, già sugli scogli a mezzanote e mezza: tre ore prima almeno degli ultimi passeggeri scesi.
Risultano, inoltre, tre telefonate tra Roberto Ferrarini, marine operation director, il manager delle operazioni marittime e Schettino, tutte tra l’ora dell’impatto e l’ordine di evacuazione: tutte tra le 21.42 e le 22.58. Ferrarini ha invitato Schettino a non lanciare subito il mayday oppure il comandante ha fatto tutto di testa sua ed è stato solo “appoggiato”?
I magistrati non sono convinti del racconto di Schettino. Fra loro litigano anche, dopo che il gip di Grosseto Valeria Montesarchio non ha convalidato il fermo ma ha disposto i domiciliari per il comandante della Concordia. La procura di Grosseto ha annunciato che farà ricorso contro la decisione del gip per cui “non c’è pericolo di fuga”, ma il rischio è che Schettino “inquini le prove”.
“Si ripete che lo Schettino dopo aver lasciato la nave, non compiva alcun atto dal quale poter desumere che avesse intenzione di fuggire. Le dichiarazione da lui rese nella caserma dei carabinieri di Orbetello, circa la sua intenzione di cambiare vita e non voler piu’ andare sulle navi – scrive il gip – sono chiaramente dovute allo sconforto per il disastro provocato e non rivestono alcuna” importanza, scrive il gip.
La versione di Schettino, però, sembra confusa rispetto allaricostruzione di quella notte. Se proviamo a ripercorrerla, le contraddizioni di Schettino si alternano a bugie e incongruenze. Clicca qui.
Non solo andò via, ma rimase anche a guardare la Concordia che affondava, come scrive il gip: ”Una volta abbandonata la nave”, Schettino ”rimase fermo sulla scogliera del Giglio e guardava la nave affondare in balia del tragico evento che stava verificandosi”.