ROMA – Da un lato ci sono le 23 mila parrocchie italiane, che all’appello di papa Francesco di “aprire i conventi agli immigrati” hanno risposto mettendo a disposizione solo 15 mila posti, meno di uno a parrocchia. Dall’altro c’è il business dell’accoglienza a pagamento, che vede le associazioni religiose fare il pieno di bandi, Caritas in prima fila. La scarsa disponibilità alla beneficenza gratuita va di pari passo con la capacità di aggiudicarsi gli appalti. Fin qui dilemmi di etica, ma niente di illecito.
Ma poi fra tanti affari legali si scopre (quasi) sempre qualcosa di illegale. E le carte di Mafia Capitale insegnano che non c’è settore del potere a Roma che si sia sottratto dal fare illeciti e privatissimi guadagni con soldi pubblici. Così nel grande gregge della corruzione pare che non ci siano pecore nere, neanche le coop bianche e le associazioni religiose. Che ospitavano migranti e rom in strutture fatiscenti a costi esorbitanti per il Comune di Roma. Scrive Claudio Marincola sul Messaggero:
Negli anni la torta si è dilatata. Nota è la vicenda di Mafia Capitale, gli intrecci tra cooperative bianche e rosse. Il patto esplicito tra Buzzi e l’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento – oggi commissariata e affidata a monsignor Liberio Andreatta, il responsabile dell’Opera romana pellegrinaggi – per spartirsi l’accoglienza. Sono storie di ieri gli imbarazzi del Vicariato. Le accuse di monsignor Pietro Sigurani, il coinvolgimento di Tiziano Zuccolo, dipendente de La Cascina e al tempo stesso responsabile dell’Arciconfraternita. L’amicizia con Luca Odevaine, il patto non scritto, «che nun se move d’un millimetro», per dividersi i 30 milioni l’anno destinati dal Campidoglio all’emergenza.
Mentre a livello nazionale nel 2015 è prevista una spesa di un miliardo di euro. Per anni in Campidoglio è stata tradizione che l’assessore alla Casa fosse un socialista e quello alle Politiche sociali un «tecnico» di estrazione cattolica, quindi l’emergenza scorreva su due binari distinti tra i senza-casa e il recupero dei tossicodipendenti. Poi l’assessorato alle politiche sociali ha preso il volo. Ha spalancato le braccia: sulle coste italiane erano apparsi gli immigrati, le vittime a tutto tondo di questa brutta storia italiana.
La Procura di Roma più volte ha tentato di vederci chiaro. Le Asl chiudevano le strutture religiose perché considerate inadeguate. Umidità, muffa, materiali infiammabili, letti nei corridoi perché le stanze non bastavano a ospitare tutti. Durante la tormentata gestione Alemanno, l’ex direttore alle Politiche abitative Raffaele Marra, un ex finanziere, osò mettere il naso nelle convenzioni firmate con l’Arciconfraternita. Affitti per centinaia di migliaia di euro per locali fatiscenti.
Uno di questi era il residence Orsa Maggiore, a Torre Angela, in via Giuseppe Toraldo 120. Tre incendi uno dietro l’altro, varie denunce per presunti abusi edilizi, sigilli apposti e rimossi. Per la cronaca il residence di cui parliamo è lo stesso dove nell’inverno scorso è scoppiata la rivolta contro i rom. Costo per il mantenimento di 27 nuclei familiari: 462.144 mila euro l’anno. E l’inchiesta? Archiviata. Al netto dell’opera meritoria, del senso di umanità e dello spirito di solida che pure animava Arciconfraternita, Domus Caritatis e il Consorzio Casa della solidarietà (Cl) hanno continuato a spartirsi i finanziamenti incassando per ogni ospite 40 euro al giorno.
Dinanzi alla manna che sbarcava dal mare non si poteva restare con le mani in mano. Una data cruciale è il bando che la Pisana (la Regione Lazio, ndr) lanciò nel 2011 destinato a «progetti di accoglienza qualificata» destinati ai migranti. Per qualcuno quel bando diede il via alla privatizzazione dei centri fino allora gestiti dai Cara e dagli enti locali. Il resto venne dopo. Fino al caso limite dei centri gestiti dalla Caritas di Treggiano (Salerno) con i rifugiati derubati anche dei ticket giornalieri, pagati per andarsene purché risultassero presenti e scattasse il rimborso. Una vicenda davvero triste che ha portato all’arresto del direttore generale della Caritas don Vincenzo Federico indagato per peculato. Un mese prima era stato nominato cavaliere del lavoro «per l’opera meritoriamente svolta»