ROMA – Da impiegato a rapinatore seriale per giocare alle slot machine: è la storia di Domenico F., romano di 39 anni. Fino al 2012 era un impiegato come tanti, che viveva una vita semplice ma dignitosa. Nel 2013 ha iniziato a giocare, e tanto, alle slot e al videopoker. Ha finito tutti i soldi che aveva. E così si è dato alle rapine. In meno di otto mesi, scrive Michela Allegri sul Messaggero, armato di coltello ha colpito sette banche, intascando 40mila euro, soldi subito dilapidati in nuove giocate. Fino a quando non è stato incastrato dalle telecamere di sicurezza di un’istituto di credito e dalle impronte digitali.
Allegri sul Messaggero ricostruisce le rapine:
“Il primo colpo risale al 19 febbraio dello scorso anno: l’imputato ha varcato l’ingresso di una filiale in via Vermicino, a Frascati, ha puntato una lama affilata alla gola di un funzionario e si è fatto consegnare 4.500 euro in contanti. Il 2 aprile, invece, Domenico è uscito di casa nascondendo sotto la giacca un coltello appuntito. E’ entrato in una banca in via Quintilio Varo, in zona Appio Claudio, sulla Tuscolana e, tenendo sotto scacco il personale dell’istituto di credito, ha arraffato 9.640 euro in banconote di vario taglio. Dopo aver speso tutti i soldi accumulati, il 30 aprile il rapinatore è tornato in pista: in via di Torregrotta, alla Borghesiana, ha terrorizzato uno sportellista ed è riuscito a mettere in tasca poco più di 200 euro. Il 16 maggio ha preso di mira una banca in viale Ippocrate, vicino a piazza Bologna, e si è fatto consegnare 3.400 euro. Un mese più tardi, in via Casilina, ha minacciato il direttore di un istituto di credito costringendolo a dargli circa 11 mila euro. Il 15 ottobre, a piazza Santa Maria Maggiore, ha racimolato quasi 1800 euro. L’ultima rapina, invece, risale al 22 novembre del 2013: allo sportello di una filiale in via dei Gracchi, in zona Prati, armato solo di una penna appuntita, Domenico è riuscito a sottrarre quasi 10 mila euro”.
Adesso è accusato di rapina e detenzione illegale di armi. Il suo avvocato parla di una vera e propria “malattia” e dice:
“Il mio cliente aveva una vita normale la malattia del gioco lo ha rovinato. Il mio assistito va aiutato, non condannato”.
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