Marco Raduano scontava l’ergastolo in regime di alta sicurezza nel carcere di Badu ‘e Carros. Nella giornata di ieri, venerdì 24 febbraio, è fuggito utilizzando uno dei metodi più classici: delle lenzuola annodate. Raduano detto “Pallone”è pugliese. E’ originario di San Giovanni Rotondo (Foggia). Ha 40 anni ed è un boss della mafia garganica. E’ ora ricercato in tutta la Sardegna con posti di blocco nelle strade principali e secondarie, nei porti e aeroporti.
“Appena la Polizia penitenziaria ci ha allertato dell’evasione, intorno alle 19, abbiamo avviato il piano anticrimine in provincia di Nuoro, avvisato tutte le Questure della Sardegna e la Polizia di frontiera nei porti e negli aeroporti dell’Isola – conferma all’Ansa il questore Alfonso Polverino. C’è un enorme dispiegamento di forze di Polizia e di uomini in tutta la regione, mentre la Polizia penitenziaria di Nuoro lavora sul fronte interno attraverso l’analisi di telecamere della casa circondariale e testimonianze”.
Marco Raduano, chi è il detenuto fuggito
Raduano ha condanne che deve finire di scontare nel 2046 per traffico stupefacenti con aggravante di mafia, omicidio, reati contro la persona, contro il patrimonio e in materia di armi e stupefacenti. Era in regime di alta sicurezza 3. Il 3 febbraio scorso gli era stata notificata una condanna diventata definitiva a 19 anni di reclusione, più tre anni di libertà vigilata, perché il ricorso in Cassazione era stato dichiarato inammissibile.
Carcere di Badu ‘e Carros è una prigione di massima sicurezza
Il carcere di Badu ‘e Carros è una prigione di massima sicurezza dove sono rinchiusi diversi terroristi e mafiosi e da cui nessuno è mai evaso. Ci si interroga su come sia potuto succedere che un detenuto del braccio di sicurezza abbia trovato le porte aperte tanto da riuscire a scappare. E ci sono dubbi sull’orario della fuga: la Polizia penitenziaria ha dato l’allarme intorno alle 19 di venerdì 24 febbraio ma l’evasione potrebbe risalire a qualche ora prima. A darne la notizia alcune organizzazioni sindacali che rilanciano l’ennesimo allarme per le scarse condizioni di sicurezza in cui lavorano gli agenti di polizia penitenziaria.
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