ROMA – No al diritto all’oblio per “chi si macchia di delitti che sono ancora vivi nella storia dell’Italia e che hanno segnato pagine drammatiche per la comunità nazionale”: in casi di questo genere, “non può che prevalere il rispetto della memoria collettiva e il diritto dell’opinione pubblica a conoscere”. Così Antonello Soro, presidente del Garante privacy, commenta con l’Ansa il provvedimento adottato nei confronti di un ex terrorista che chiedeva di ‘deindicizzare’ da Google alcune pagine relative ai suoi trascorsi.
“La memoria permanente della rete – spiega il Garante – ci pone di fronte a problemi nuovi e complessi e a scelte difficili. Per questo sul diritto all’oblio, dentro il perimetro dei criteri fissati in ambito europeo, ogni singolo caso merita una valutazione specifica”. “In questa circostanza – sottolinea Soro – abbiamo utilizzato un criterio di valore, di effettiva attualità dell’informazione e di reale interesse pubblico. Un conto è la richiesta di una persona che abbia commesso un reato, ma la cui vicenda non ha avuto rilievo per la storia del Paese. Altro conto è chi si macchia di delitti che sono ancora vivi nella storia dell’Italia e che hanno segnato pagine drammatiche per la comunità nazionale. Nel primo caso, trascorso un congruo numero di anni, si può riconoscere il diritto ad essere dimenticati, a non essere più rappresentati da quella vicenda, a rigenerare la propria identità; nel secondo caso, nel bilanciamento dei diritti, non può che prevalere il rispetto della memoria collettiva e il diritto dell’opinione pubblica a conoscere”.