Fabiana Luzzi, fidanzato killer tenta due volte suicidio: da carcere a clinica

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Fabiana Luzzi

CATANZARO – L’ha picchiata, accoltellata, cosparsa di benzina e bruciata viva. Nonostante i tentativi disperati di lei di strappargli dalle mani la tanica. Fabiana Luzzi, lo scorso maggio, è stata uccisa così dal suo fidanzato Davide, 17 anni. Tutto per una lite iniziata per gelosia. Ora Davide esce di prigione e finisce in una clinica. Perché nei pochi mesi passati dall’omicidio, ha tentato per due volte di impiccarsi.

Arrestato poche ore dopo l’omicidio, Davide era stato condotto nel carcere minorile di Catanzaro e successivamente in quello di Torino. Era cominciato così, sotto l’attenta regia della Procura per i minorenni di Catanzaro, il tentativo di recupero del responsabile di un omicidio tanto efferato.

Adesso, su decisione del Tribunale per i minorenni dello stesso capoluogo calabrese, Davide è stato fatto uscire dal carcere ed è stato portato in una clinica per tentare di salvarlo dalla condizione di grave prostrazione psicologica in cui è precipitato al punto da tentare due volte il suicidio, la prima volta il 10 gennaio scorso e la seconda appena qualche giorno fa.

In entrambi i casi il ragazzo ha tentato d’impiccarsi e si è salvato soltanto grazie al tempestivo intervento del personale di polizia penitenziaria. Adesso, nella casa di cura in cui è stato portato, Davide viene tenuto sotto stretta osservazione per prevenire altri tentativi di suicidio.

Le condizioni psicologiche del giovane, secondo quanto è trapelato dagli ambienti carcerari, sono particolarmente difficili. Il rimorso per crimine che ha commesso, uccidendo una ragazza alla quale, peraltro, era profondamente legato, e l’incognita di un futuro che si presenta oscuro e denso di incertezze, lo hanno condotto alla decisione di farla finita.

Ed il fatto che non ci sia riuscito per due volte non esclude affatto la possibilità che possa riprovare una terza volta. Davide, evidentemente, ha “realizzato” soltanto adesso ciò che ha fatto ed il pentimento non basta par fargli trovare un minimo di pace.

Tra l’altro il doppio tentativo di suicidio segna una svolta negativa in un percorso di recupero che per Davide sembrava avviato. Il ragazzo, tra l’altro, proprio nel carcere minorile di Torino, aveva ripreso a studiare superando gli esami di riparazione per l’ammissione al quarto anno di perito industriale. Nel carcere, inoltre, Davide aveva socializzato con gli altri ragazzi detenuti.

Resta da capire, quindi, cosa sia scattato successivamente nella sua testa al punto da indurlo a tentare due volte il suicidio. Adesso, dicono medici e magistrati minorili, bisogna soltanto lasciarlo in pace, sperando che possa ritrovare un minimo di serenità.

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