GENOVA – Picchiato perché creduto gay, picchiato così tanto da finire in coma farmacologico in seguito a un ematoma cerebrale. Picchiato da un branco di sei persone perché una ragazza pensava di averlo beccato mentre, secondo lei, puntava il suo ragazzo. “Gay di m…, che c… guardi, il mio fidanzato?”, la frase da cui è scaturito tutto. La storia è ambientata a Genova, sull’autobus numero 1. Tra parentesi, il ragazzo in questione non era gay, era in compagnia di un amico ma stava tornando a casa dalla fidanzata.
Tommaso Fregatti e Matteo Indice su La Stampa raccontano cosa è successo quando la ragazza ha attaccato la vittima: Luca in quel momento era seduto sull’autobus con un amico e aspettava solo di tornare a casa. «Niente, ero sovrappensiero». E però gli altri cercavano la rissa e per entrambi si è messa malissimo: li hanno pestati in sei, fra loro due donne, infierendo sul volto, sulle gambe, sulla schiena, usando pure delle catene.
Fregatti e Indice ripercorrono i minuti dell’aggressione: Luca (il nome di fantasia e i riferimenti alla vittima sono necessariamente generici, per evitarne la riconoscibilità al di fuori della cerchia degli affetti più stretti), quarantenne, ha trascorso la serata nel centro storico dove lavora, bevendo qualcosa poco dopo. Alle 3,49 manda un sms alla fidanzata, in cui scrive che di lì a poco sarà a casa poiché è in procinto di prendere il bus. Ma quando salgono sull’ “1” succede il finimondo. Dopo le botte scendono dal mezzo, barcollano e però entrambi riescono ancora a camminare. Luca è quello che sta peggio, rientra in taxi, racconta a Chiara (nome di fantasia) quel che gli è capitato, ma sulle prime ribadisce di non voler andare in ospedale.
Ma, purtroppo per lui, non è finita qui: Fra il 21 e il 22 luglio le condizioni si aggravano, Luca sta malissimo e Chiara chiama un’ambulanza perché lo accompagni al Pronto soccorso. La Tac è allarmante, dall’ospedale Villa Scassi lo dirottano al Galliera per operarlo d’urgenza, e Luca entra in coma farmacologico.