Morte Stefano Cucchi, la famiglia contro i medici: “Né alimentato né idratato”

cucchi«Come si può morire in ospedale per disidratazione?». È Ilaria Cucchi a parlare, sorella di Stefano, il geometra morto il 22 ottobre in circostanze misteriose. Forse non sono state le botte a uccidere il ragazzo, ma l’umanità negata, l’incuria dei medici che avrebbero dovuto dargli assistenza.

L’accusa della famiglia è rivolta proprio ai sanitari, a chi all’ospedale Pertini di Roma lo ha visitato, lo ha visto debilitato e con una frattura alle vertebre. «Le colpe dei vertici del Per­tini sono gravissime sotto il profilo umano e delle cure», denuncia Ilaria che smentisce categoricamente che il fratello fosse sieropositivo e anoressico.

I medici si difendono dicendo che Stefano rifiutava cibo e acqua, ma nessuno si è imposto, non è stato alimentato né idratato. Allora quel giovane arrestato il 15 ottobre perché è morto? Per le botte? Per una malattia? Per traumi preesistenti o ancora per malasanità?

«Chiediamo rispetto e tut­ta la verità. Dai referti me­dici di due ospedali (Fa­tebenefratelli e Pertini) risulta che Stefano era entrato come ‘codi­ce verde’: se non era gra­ve, perché poi è morto?», si chiede ancora la sorella Ilaria.

A farle eco è l’avvocato della fa­miglia, Fabio Anselmo: «Le maggiori re­sponsabilità siano del Pertini: se rifiutava cibo e bevande per­ché non è stato intubato?».

Antonio D’Urso, direttore sa­nitario dell’Asl B replica: «I medici hanno curato il paziente con attenzione e professionali­tà evidenziandone al contempo un atteggiamento scarsamente collaborativo alle cure. I nostri accertamenti radiografici han­no confermato le fratture già ac­certate al Fatebenefratelli».

Quando è morto Stefano pesava 37 chili, di certo un fisico debilitato e stanco. Sei chili in meno dei 43 del giorno del suo arresto, la notte tra il 15 e il 16 ottobre. Poi una settimana di carcere. Troppo poco per morire disidratati o c’è altro?

Gestione cookie