VENEZIA – Inchiesta sul Mose di Venezia: viaggi, cene e incarichi per ringraziare chi faceva favori. E’ l’ultimo capitolo dello scandalo in Veneto. Marco Imarisio e Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera, raccontano una rete “tessuta da Giovanni Mazzacurati, lo storico presidente del Consorzio Venezia Nuova, che toccava capi di gabinetto, dirigenti, funzionari ministeriali di alto livello”.
Quella che viene definita dagli inquirenti
«Una spasmodica attività al fine di reperire fondi da destinare al Mose».
Tra i “ringraziamenti” spicca quello a Paolo Emilio Signorini, allora funzionario della presidenza del Consiglio dei ministri, capo del dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica.
Scrive il Corriere della Sera:
“Nel 2011 il Consorzio Venezia nuova ha voluto ringraziarlo in un modo convincente per l’aiuto e le informazioni ricevute: vacanza in Toscana per tutta la famiglia. Gli inquirenti hanno fatto la lista dei funzionari ministeriali: Vincenzo Fortunato, capo di gabinetto dell’Economia e delle finanze, Lorenzo Quinzi, direttore dell’Ufficio di gabinetto dello stesso dicastero, Ercole Incalza, al vertice della struttura tecnica del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, e Claudio Iafolla, capo di gabinetto del ministro delle Infrastrutture. A Mazzacurati servivano un po’ tutti. Quinzi cercava di velocizzare i tempi della delibera del Cipe che doveva sbloccare il finanziamento di 400 milioni di euro per Venezia. E si incontra con Fortunato, che sa come fare. Mentre Incalza e Iafolla vedono Marco Milanese, vicino al ministro Giulio Tremonti e ora indagato per corruzione. Al quale Mazzacurati avrebbe concesso anche una convincente consulenza con il Consorzio, poi tagliata dai nuovi amministratori che hanno operato un repulisti finanziario. Denaro, consulenze e soggiorni a Venezia che avevano sempre lo stesso obiettivo: ottenere fondi per il Mose”.
Tra gli appuntamenti settimanali ci sono quelli con Gianni Letta, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri. A lui Mazzacurati arrivò attraverso Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto. C’erano poi i contatti con i magistrati, in particolare quelli contabili. Come Vittorio Giuseppone, in servizio prima alla Sezione controllo di Venezia e poi a quella Centrale capitolina, arrestato per corruzione.
Scrivono Imarisio e Paqualetto:
“Il Consorzio usava il denaro pubblico per «stipendiarlo» in nero con 300 mila euro l’anno, versati con cadenza semestrale. A questa categoria appartiene anche un altro romano in servizio a Venezia dove dicono che si trovasse molto bene. Per forza, dicono i pm: 400 mila euro in nero all’anno, oltre a privilegi tipo l’aereo privato da Malaga costato al Consorzio 21 mila euro perché doveva essere presente a un convegno, per rientrare in Spagna in serata”.
Nell’inchiesta emerge anche una sorta di ossessione per i servizi segreti, che passava attraverso il giornale Il Punto, acquistato dalla azienda Mantovani (che eseguiva i lavori per il Mose).
“La rivista viene considerata «in odor di servizi». La partecipazione, di anno in anno sempre più costosa, era un modo per avere il numero maggiore di informazioni su svariati temi. Anche l’assunzione della figlia dell’allora responsabile dei Servizi nel Triveneto presso una azienda satellite rientra in una logica di scambio con materiale sensibile”.
Qui spunta il nome di Emilio Spaziante, ex generale della Finanza ed ex dei Servizi Segreti.
“Era l’uomo che doveva risolvere i problemi. Come l’11 giugno 2010, quando la Tributaria fa visita agli uffici del Consorzio. Una normale verifica fiscale, che però impedisce il prelievo del denaro da portare all’amministratore di Palladio finanziaria, Roberto Meneguzzo, e destinato a Marco Milanese, l’ex colonnello della Finanza con conoscenze negli apparati a cominciare dai servizi segreti. La sequenza è questa: Spaziante parte da Roma per Venezia; Mazzacurati si vede comunque con Meneguzzo, e all’indomani gli inoltra via fax nella sua casa di Venezia il verbale di ispezione della Gdf. A richiesta, l’ex generale non lesina gli sforzi. Il 26 novembre di quell’anno chiama il generale Walter Manzon, diretto superiore degli uomini del Nucleo di polizia tributaria, il quale chiede al colonnello Nisi, un suo sottoposto, «un prospetto riepilogativo delle persone oggetto di intercettazione, nel quale fosse specificato il numero di telefono e indicando altresì l’esistenza di eventuali intercettazioni ambientali. Ovviamente il colonnello Nisi non potendo avere in quel momento alcun sospetto trattandosi di dati richiesti da un superiore, glieli fornisce». Quel giorno, al residence Ripetta di Roma, Mazzacurati incontra l’ex generale che gli riferisce le cattive notizie. Il giorno dopo parte una nuova richiesta a Meneguzzo. Spaziante non basta più, bisogna attivarsi anche con i servizi, cercare nuovi contatti. La ragnatela cominciava a mostrare smagliature”.