ROMA – Da venerdì prossimo 7 ottobre, saranno dimezzati i tempi per presentare ricorso contro eventuali multe stradali che si vogliono contestare. Invece di 60, saranno consentiti solo 30 giorni dalla ricezione della multa, per impugnare la multa ricevuta e presentarsi al giudice di pace. I termini decorrono dalla data di contestazione. Il termine rimane di 60 giorni solo per i cittadini stranieri. Tutta la pratica di annullamento dei verbali di infrazione stradale sarà gestita nell’ambito del processo del lavoro. Un passo utile in direzione dello sfoltimento delle pendenze amministrative che ingolfano la macchina della giustizia. Una botta per il cittadino cui viene ristretta la strada d’accesso alla cancellazione di una multa che ritiene ingiustificata.
Il 1° settembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del decreto legislativo che introdurrà alcune novità destinate ad armonizzare e semplificare tutti i procedimenti civili riducendoli essenzialmente a tre riti: quello per le controversie nei rapporti di lavoro, quello sommario di cognizione e quello ordinario di cognizione. In questo ambito rientrano anche i ricorsi al giudice di pace con i quali il cittadino può opporsi alla richiesta di pagare una sanzione amministrativa per aver violato il Codice della Strada.
L’obiettivo dichiarato è quello di scoraggiare il cittadino a opporsi a una sanzione. Il dimezzamento dei tempi è solo l’ultimo tentativo. Il primo era stato l’introduzione, nell’estate del 2010, di un contributo obbligatorio di 33 euro per presentare istanza al giudice di pace (quello al prefetto rimane gratuito). Nel luglio di quest’anno il balzello è stato aumentato a 37 euro, il cui costo, quindi, equivale più o meno all’importo delle sanzioni meno gravicontro le quali non vale dunque la pena di opporsi. Insomma, anche se il contributo unificato è uno strumento il cui potere di deterrenza è attenuato dal fatto che può essere rimborsato in caso di vittoria nel procedimento di opposizione, è evidente che lo Stato ha pensato a una sorta di “franchigia” sulle contravvenzioni concettualmente simile a quella in vigore nel mondo delle assicurazioni dove, qualora sia prevista, l’assicurato è di fatto costretto a pagare di tasca propria i danni più lievi di importo inferiore alla franchigia stessa.
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