ROMA – Task force antisommossa, scudi in kevlar più leggeri e resistenti, la possibilità di utilizzare proiettili di gomma e fucili marcatori per tenere lontani ed identificare i violenti: i poliziotti chiedono al governo una serie di investimenti e di misure per migliorare la gestione dell’ordine pubblico, “visto che – dicono – la Polizia risente oggi della carenza di strumenti utili a limitare le occasioni di contatto con i manifestanti” durante i cortei.
L’occasione la fornisce il libro dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia (Anfp) “Dieci anni di ordine pubblico, focus sulle manifestazioni politiche, sindacali e sportive”, un testo che analizza quanto avvenuto nelle piazze italiane dal 2005 ad oggi: quasi 89 mila manifestazioni, di cui 19 mila politiche e quasi 33 mila sindacali. Nell’ultimo decennio si è assistito ad un incremento dei cortei del 19%, passando dagli 8mila del 2005 ai 9.490 del 2014, e, anche, ad un aumento dei feriti tra le forze di polizia, che sono cresciuti del 70% passando dai 230 casi di 10 anni fa ai 391 dell’anno scorso. Anche per questo, dice l’Anfp, è necessario rivedere gli strumenti a disposizione degli uomini impegnati in piazza. Quelli normativi innanzitutto – dall’arresto differito alle sanzioni penali per chi va con il volto travisato ai cortei – ma anche quelli relativi all’equipaggiamento in dotazione, oggi “insufficiente”.
Nel libro si avanzano una serie di proposte alla politica: l’istituzione di una task force ‘antisommossa’, altamente specializzata in modo da garantire maggiore agilità di movimento nei contesti critici, l’utilizzo di scudi “più moderni e leggeri e al tempo stesso più resistenti” in kevlar, e di “proiettili di gomma che, se di tipo adeguato e affidati a personale rigorosamente addestrato, sono innocui ma hanno una grande efficacia contro i violenti”. L’Anfp chiede anche modifiche alle uniformi degli operatori, l’utilizzo di microcamere individuali e la possibilità di sperimentare “fucili marcatori”, vale a dire armi ad aria compressa “che sparano sfere di plastica contenenti vernice colorata, per rendere possibile l’identificazione dei facinorosi e dei violenti, anche una volta cessata l’emergenza”.
Solo quando queste richieste saranno trasformate in norme, concludono i funzionari, si potrà parlare di codice identificativo per gli agenti. “Il codice identificativo non può che rappresentare un punto d’arrivo – sostiene il segretario Lorena La Spina – che si potrà concretizzare solo quando il livello degli strumenti tecnici e legislativi a disposizione potrà garantire un contesto di legalità non manipolabile, da considerare quale presupposto ineliminabile per il godimento delle garanzie democratiche e dei diritti costituzionali”..