PALERMO – Cara Fornero, ti querelo perché in quel “choosy” ho sentito pulsare ancora vivido il dolore per la morte di mio figlio. Perché con quel choosy, caro ministro, “mio figlio viene ucciso ripetutamente”. Così Claudio Zarcone, padre di Norman Zarcone, dottorando in filosofia del Linguaggio e giornalista pubblicista che si tolse la vita nel settembre 2010, buttandosi da una finestra dell’ateneo a Palermo per protestare contro le “baronie universitarie”, ha presentato un esposto alla procura di Palermo contro il ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
Fornero che la settimana scorsa aveva parlato ai giovani, usando un aggettivo che ha destato non poche polemiche: “choosy”, appunto che letteralmente vuol dire schizzinosi, difficili da accontentare perché non in grado di cogliere la prima offerta di lavoro.
”Non è più concepibile – dice Zarcone – che esponenti del governo continuino ad usare tale terminologia riferendosi ai nostri giovani, poiché viene offeso il percorso individuale, umano e professionale di un’intera generazione di talenti che non godono di particolari garanzie o di un nome altisonante”.
”In questo modo – conclude – mio figlio viene ucciso ripetutamente. Tutta la sua generazione (e non solo) viene delegittimata, frustrata e mortificata”.
La storia di Norman Zarcone, che quando si è tolto la vita lavorava come bagnino per 25 euro al giorno, aveva commosso anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva incontrato la famiglia Zarcone in udienza privata. Anche il presidente francese Francois Hollande aveva scritto lo scorso agosto una lettera ai genitori del ragazzo suicida auspicando la nascita di una “fondazione Norman Zarcone”.
Questo il testo completo dell’esposto di Claudio Zarcone contro il ministro Fornero:
“Non è più concepibile che esponenti del governo continuino ad usare tale terminologia (da “bamboccioni” a “sfigati”, a “choosy”) riferendosi ai nostri giovani, poiché viene offeso il percorso individuale, umano e professionale di un’intera generazione di talenti che non godono di particolari guarentigie o di un nome altisonante. In questo modo mio figlio viene ucciso ripetutamente. Tutta la sua generazione (e non solo) viene delegittimata, frustrata e mortificata”. L’affermazione di un ministro della Repubblica, non necessaria, non richiesta, fuori dalle righe, “appare ingiusta e palesemente lesiva della dignità di tutti i giovani che, nonostante i titoli scolastici ed accademici conseguiti con merito e profitto, maturati anche con grandi sacrifici, personali e familiari, non ottengono riscontro sociale e non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro”. Zarcone chiarisce subito: “Ciò che preme sottolineare è che Norman non era né un “bamboccione” né “choosy”. D’estate faceva il bagnino in un circolo nautico di Palermo, 12 ore al giorno, per apprendere l’etica del lavoro e, soprattutto, per rendersi parzialmente autonomo.
Col suo gesto straziante ha voluto mandare un messaggio preciso e diretto alle Istituzioni e alle giovani generazioni. Il messaggio di non piegarsi alle logiche di potere, il messaggio di non genuflettersi mai, il messaggio di meritocrazia, seguendo gli editti di giustizia e libertà”.
“La maggior parte dei giovani italiani non è “schizzinosa” e anch’essa desidera di godere della possibilità di realizzarsi. Ritengo, pertanto, che le parole espresse continuamente da rappresentanti del governo siano un’offesa alla memoria di mio figlio, al mistero del suo gesto e al dramma umano di coloro che condividono la medesima, tragica situazione. Ribadisco: in questo modo Norman viene ucciso ogni volta. Ogni volta che con arroganza e superficialità si offendono i tanti altri Norman d’Italia con epiteti e affermazioni fuori luogo. Non tutti, infatti, possono spendere un nome importante, o parentele altrettanto importanti. Tutto ciò non è più tollerabile. E voglio ricordare ai nostri politici che ci si può uccidere anche per delegittimazione e frustrazione, oltre che problemi economici e, ripeto, non è più tollerabile nell’attuale e delicatissimo contesto sociale”.
I commenti sono chiusi.