ROMA – Negazionisti si può, senza fare propaganda. Non è reato persino se un prof dice a una studentessa di origine ebraica, i cui nonni sono stati deportati nei campi di concentramento, che l’Olocausto è tutto sommato una montatura cinematografica. Per questo il professor Roberto Valvo, ex docente di Storia dell’arte al liceo artistico Ripetta, finito sul banco degli imputati con l’accusa di discriminazione razziale o religiosa, è stato assolto con formula piena.
Per il giudice Maria Cristina Muccari esprimere un’opinione non è reato: nemmeno se l’idea manifestata è “aberrante e lesiva della sensibilità” di una ragazzina di appena 16 anni. Valvo, secondo il magistrato, nonostante “abbia fatto commenti e osservazioni certamente censurabili moralmente”, non ha mai inteso “propagandare tali sue idee”. Perché si configuri la condotta di “propaganda“, infatti, occorre che l’opinione sia indirizzata a un vasto uditorio. Ma quel giorno, in classe con la povera Sofia, c’erano solo tre studenti.
Era il 31 ottobre del 2008: la maggior parte degli alunni del liceo aveva aderito a uno sciopero. Sofia, insieme ad altri due compagni era entrata in classe. In cattedra c’era Valvo che facendo l’appello si era soffermato sul cognome della ragazza e le aveva chiesto quali fossero le sue origini. “Ah, gli ebrei sono furbetti, bisogna stare attenti!”, il commento del prof nell’apprendere che la giovane era ebrea. Poi Sofia fa una domanda al prof: “Cosa ne pensa della Shoah?”
Queste le risposte aberranti dell’uomo: sei milioni di ebrei morti non sono autentici, i numeri della tragedia andrebbero ridimensionati, i video dei campi di concentramento sono un’opera cinematografica.
Due settimane dopo, in Consiglio d’Istituto, il prof Valvo lo ripete di fronte ad un pubblico certamente più numeroso. Ma al giudice non è bastato: “Quel campo di concentramento è una scenografia costruita dagli americani. Non c’è neanche un’appartenenza con la cultura italiana. Allora parliamo di Foibe”, avrebbe detto secondo il racconto fatto da un altro docente al processo. Ma il giudice ancora una volta giustifica e assolve:
“Nel riportare le teorie negazioniste certamente aberranti e risibili sotto il profilo storico culturale, Valvo lo ha fatto però con modalità del tutto asettiche”.
Morale della favola: “L’ipotesi di reato non sussiste”, perché l’imputato ha semplicemente espresso un’opinione personale.
“Sebbene l’adesione a dette teorie in altri paesi europei, quali l’Austria e la Francia costituisca di per sé reato, in Italia non è punita”.
“Una sentenza importante, perché afferma un intoccabile principio sulla libertà di opinione”, secondo la difesa. Un problema che va oltre il singolo caso per Ruben Della Rocca, assessore alle Relazioni istituzionali della comunità ebraica di Roma, il problema va oltre la singola sentenza: “In Italia, sarebbero necessari confini legislativi più rigidi contro chi nega la shoah”.