Caso Gugliotta, Manganelli: violenza “fisiologica”

Antonio Manganelli

Sono “fisiologici momenti di smagliatura”: con queste parole il capo della polizia Antonio Manganelli ha commentato il caso Gugliotta, mentre si trovava alla cerimonia per il 158esimo anniversario della fondazione della Polizia.

“Quando ci sono questi fatti, c’è amarezza e forte rammarico e voglia di scusarsi con tutti. Ci sono uomini e donne straordinarie nelle forze di polizia che lavorano ogni giorno raggiungendo ottimi risultati – ha spiegato Manganelli – e naturalmente ritengo riprovevole, ma fisiologico, ogni atto che fuoriesce dall’ordinario svolgimento dell’attività. Possono esserci eccessi, manifestazioni che noi andiamo a sanzionare, sono brutte vicende delle quali ci assumiamo le responsabilità e per le quali chiediamo scusa”.

Per prevenirle questi eccessi, ha ricordato Manganelli, “abbiamo costituito un anno fa la scuola della formazione e tutela dell’ordine pubblico che insegna buone pratiche anche attraverso la visione degli errori fatti. Il dialogo e la mediazione – ha sottolineato – è il migliore antidoto anche quando la protesta in piazza è vivace. Noi siamo in piazza per tutelare tutti, a cominciare da chi manifesta contro”.

Intanto però i sette ragazzi arrestati la stessa sera di Stefano Gugliotta dopo la finale di Coppa Italia sono ancora in carcere. “Sono dentro da otto giorni ma sono innocenti”, hanno detto le famiglie riunite oggi in una conferenza stampa al Senato.

I racconti dei ragazzi sono molto simili a quelli di Gugliotta: “Mi hanno pestato, poi, all’interno della camionetta, mi hanno fatto mettere in ginocchio e mi hanno camminato sopra”, avrebbe raccontato Alessio Amicone, uno dei sette arrestati dopo Inter-Roma la settimana scorsa, alla sua compagna Michela Reali. Solo che “Dd tutto ciò non c’è un video, per cui nessuno ci sta a sentire”, ha aggiunto la giovane.

La famiglia Amicone ha appeso dei manifestini in zona stadio, alla ricerca di testimoni. “Abbiamo due bambini, di quattro anni e mezzo e di 2 mesi – racconta la donna – non gli hanno neanche permesso di fare una telefonata a casa. Da otto giorni viviamo un incubo. È innocente. Sì, è tifoso della Roma, ma non ha mai partecipato in vita sua a uno scontro, non è un ultrà”.

Amicone tra l’altro aveva due legamenti rotti, per cui, sostiene la famiglia, “non è in grado di correre, né tantomeno di partecipare ad alcun tafferuglio”. Amicone è titolare di una ditta di pronto intervento spurgo, ha spiegato il padre, e da giorni i clienti lo cercano. Lui, se non a quelli più fidati, non racconta cosa è successo.

“Il bambino -ha detto ancora la donna – chiede continuamente del padre. Io gli rispondo che è partito per un viaggio, che gli porterà dei regali. Lui però prova a chiamarlo al telefonino e trova spento: io gli dico che si è dimenticato il caricabatterie”.

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