Scontri a Roma: ultrà e borgatari, i nuovi black bloc

Da giorni si esaltavano con l’unico obiettivo di scatenare oggi ”l’apocalisse a Roma” perché ”quando monta la rabbia sociale nessuno ti può fermare”. La maggior parte di loro ha dai 18 ai 25 anni, con alle spalle qualche anno di esperienza per scontri allo stadio o risse nei quartieri di borgata di Roma e Napoli. E fanno nuovi adepti tra i ‘figli di papà’: conta poco, perché coperti con passamontagna, sciarpe nere, occhiali scuri o caschi sono tutti uguali.

E’ la nuova generazione di black bloc ‘made in Italy’, che oggi ha sconvolto Roma con atti di vandalismo nella centro della città e scontri con le forze dell’ordine. Poca politica, nessun eroe se non la squadra del cuore, zero ideologia e moltissima rabbia urbana. Non esperti di guerriglia ma avvezzi agli scontri e all’odio ”per le guardie”. Esperti di curve e disordini da stadio, e oggi infatti erano armati soprattutto con le ”bombe di Maradona”, i grossi petardi usati proprio dagli ultrà.

La politica per questi ragazzi c’entra poco, gli unici ideali sono ”l’onore di chi ha il coraggio di rompere il c… agli sbirri” o la fede ultras. ”Se ci tolgono il futuro devono pagare, tutti”, dice uno di loro arrivato da Napoli in treno con alcuni amici. A coordinarli ci sono alcuni ultras romani delle frange più giovani e violente. E nel mix di teppisti sono finiti anche alcuni anarchici romani e di Pisa.

L’unico collante è il disagio sociale. Che va espresso con la ”rivolta a 360 gradi – dicono – perché siamo stanchi del mangia mangia dei potenti”.

Anche oggi gli obiettivi principali dei black bloc sono state le forze dell’ordine e le banche. ”Loro sono dei servi – dicono parlando degli agenti – noi invece difendiamo il popolo”, le banche, invece, rappresentano ”il potere dei soldi che noi non abbiamo”. Appunto, più la disperazione che l’ideologia. Un potere quello dei soldi al quale, però, molti di loro aspirano. Quando girano ogni giorno per strada hanno vestiti alla moda e guardano con ammirazione ai bulli che sfrecciano con le auto potenti.

”Siamo precari, ci arrangiamo lavorando in nero o con contratti a termine come operai, baristi o artigiani. Ma i veri soldi li fanno quelli seduti sulle poltrone, che ‘mangiano’ sulle nostre spalle”, dice qualcuno di loro mentre rolla una canna o distribuisce qualche pezzo di marijuana.

Vestiti di nero e in gruppo, con spranghe, mazze, estintori, picconi, pietre o qualsiasi oggetto racimolato per strada si sentono un massa pronta a combattere una guerra studiando strategie urbane della tensione. E per qualche giovanissimo sono i nuovi eroi da imitare.

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