MILANO – Il processo sul caso Ruby che vede imputati Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora, resta a Milano. Oggi, infatti, i giudici della quinta sezione penale, hanno respinto tutte le eccezioni delle difese, tra cui quella che indicava come competenti o il tribunale di Messina, citta’ dove si e’ svolto l’ormai noto concorso di bellezza del settembre 2009 a cui partecipo’ la minorenne marocchina, o in via subordinata il tribunale di Monza, perche’ ad Arcore sarebbero avvenuti i presunti festini.
Stamani, all’inizio dell’udienza, alla quale e’ presente solo una delle cinque ragazze che sono parti civili contro gli imputati, ossia la modella marocchina Imane Fadil, il presidente del collegio Annamaria Gatto ha letto l’ordinanza con cui ha respinto tutte le questioni poste dalle difese. Le difese hanno anche preso atto del provvedimento del presidente del tribunale Livio Pomodoro, depositato gia’ nei giorni scorsi, con cui era stata respinta la richiesta dei difensori di riunire il processo ai tre imputati con quello a carico di Silvio Berlusconi, che si svolge sempre oggi in contemporanea.
Il collegio ha ritenute infondate le eccezioni sulla nullita’ dell’avviso di chiusura delle indagini e di altri atti, sollevate dalle difese che lamentavano il mancato deposito di alcuni documenti e anche la parziale secretazione dei verbali di Ruby. ”Con la secretazione – ha spiegato il giudice Gatto – l’accusa ha interesse a salvaguardare eventuali altri sviluppi investigativi e altri filoni di indagine e il diritto alla riservatezza delle persone citate”.
In piu’, ”le dichiarazioni di Ruby sono solo uno degli innumerevoli elementi prodotti dall’accusa”. Per quanto riguarda la questione dell’incompetenza territoriale dei giudici milanesi, il giudice Gatta ha spiegato che ”in questa fase” il collegio deve basarsi solo sul capo d’imputazione e non puo’ valutare nel merito le condotte avvenute nel settembre 2009 nel corso del concorso di bellezza a Messina. Quindi, e in sostanza, i giudici si debbono basare sulla ricostruzione dell’accusa che indica che le condotte di induzione alla prostituzione si sono realizzate a Milano.