ROMA – Dal 2014 lo Stato darà soldi solo alle scuole “virtuose”, ovvero quelle che avranno risultati migliori. Lo prevede la legge di stabilità. Come documenta il sindacato Anief: “Da un esame approfondito si apprende che dal 2014 i 10 mila istituti scolastici italiani riceveranno i finanziamenti pubblici non più in base al numero di alunni e docenti, oltre che alla complessità delle scuole, ma in proporzione ai risultati conseguiti: attraverso il comma 149 dell’art. 1, il Parlamento ha infatti deciso che ‘a decorrere dal 2014 i risultati conseguiti dalle singole istituzioni sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse per il funzionamento'”.
I sindacati sono sul piede di guerra. L’Anief dice: “Al di là del fatto che non si comprende quali ‘risultati’ dovranno conseguire le scuole, visto che il grado d’istruzione raggiunto dagli alunni non può essere legato solo alla bravura dei loro insegnanti e dei dirigenti a capo degli istituti, ma anche a diversi altri fattori come il contesto familiare, sociale ed economico, sorprende davvero che si continui a introdurre ‘paletti’ al fine di perseverare nel taglio di quei finanziamenti per l’organizzazione e la manutenzione ordinaria delle scuole già oggi largamente insufficienti”.
“Non riusciamo a comprendere – dice poi a Repubblica Domenico Pantaleo, leader della Flc Cgil – la logica di questa norma e cosa si intenda per “risultati”. In Italia non c’è un sistema di valutazione collaudato. E poi, che senso ha legare le risorse per il funzionamento ad ipotetici risultati ancora tutti da verificare?”. Gli unici dati al momento disponibili per valutare le performance delle scuole sono i risultati dei test Invalsi in Italiano e Matematica sugli alunni della scuola elementare, media e superiore e i dati sui promossi e bocciati. Ma è fin troppo evidente che le prove standardizzate risentono delle condizioni socio-economico-culturali del contesto: non è la stessa cosa fare scuola a Scampia o al centro di Milano. Per valutare le scuole meritevoli si potrebbe anche ricorrere ai dati sulla dispersione scolastica, appoggiarsi ai risultati dei test internazionali o mettere in piedi un complesso sistema di valutazione ad hoc”.