ROMA – Prof di tedesco precaria da 34 anni: è l’incredibile storia professionale di una donna laureata in lingue e letterature straniere, che ha iniziato a firmare contratti a tempo determinato nella scuola pubblica, come docente di lettere, nel lontano 1979. Dopo alcuni anni la sua posizione è stata cancellata ed ha ricominciato a fare supplenze come docente di lingue. Oggi è seconda in graduatoria ad esaurimento, ma la carenza di posti liberi ancora non le garantisce di essere assunta in ruolo prima che vada in pensione.
Una storia simbolo, scelta dall’Anief, Associazione sindacale e professionale, per lanciare l’allarme: come lei, con percorsi professionali travagliati e senza mai aver tagliato il traguardo dell’agognato ruolo, ce ne sono a decine di migliaia. Hanno iniziato la loro carriera da insegnanti nei primi anni Ottanta. Oggi, ormai ultra-cinquantenni, con abilitazioni, idoneità, master e specializzazioni incamerate, si ritrovano uniti da un destino professionale a dir poco beffardo. Ma la loro non è soltanto una storia di sfortuna. Spiega Marcello Pacifico, presidente di Anief:
“Le colpe di questi record da terzo mondo sono tutte da addebitare all’inefficienza dello Stato e dei Governi che si sono succeduti. Sono loro che li hanno condannati a vestire il ruolo di precari a vita. Solo per motivi di risparmio della spesa pubblica si continua infatti, imperterriti, a derogare alla direttiva comunitaria, la 1999/70/ CE, che da 13 anni impone ai Paesi che fanno parte dell’Ue di assumere tutti i lavoratori che hanno svolto 36 mesi di servizio nell’ultimo quinquennio. Come si continua a non tenere conto del decreto legislativo 368/01, che dava seguito a questa direttiva a livello nazionale. Per non parlare dell’oltraggio che si perpetra nei confronti dell’articolo 1 della Costituzione”.
Sempre più docenti, dopo lungo tempo trascorso a fare supplenze annuali, preliminari al ruolo, anziché accedere finalmente alla stabilizzazione, si ritrovano nel “girone” delle supplenze brevi. È una situazione paradossale, che ha toccato l’apice con i 200mila posti tagliati negli ultimi sei anni, con la riforma Gelmini, che ha introdotto le classi-pollaio e ridotto il tempo-scuola ai minimi termini, con i 2mila istituti soppressi malgrado il recente parere contrario della Consulta. Con province dove si annoverano punte del 50 per cento di personale precario. E con le graduatorie che a dispetto del proprio nome, destinate all’esaurimento, hanno raggiunto la presenza record di 250mila candidati.
“Il duro attacco sferrato in questi anni ultimi anni alla scuola – continua il presidente dell’Anief – con tagli ad oltranza e investimenti risibili rapportati al prodotto interno lordo, ha raggiunto il risultato opposto di quello di un Paese che doveva investire nella conoscenza culturale per risollevarsi. Mortificando tanti professionisti dell’insegnamento, che in altri Paesi sarebbero valorizzati ed apprezzati per il prezioso lavoro che svolgono. Invece di essere abbandonati al loro destino. E mandati in pensione da precari”.