ROMA – Si faceva ricoverare in ospedale, rubava agli altri pazienti e poi tornava a casa impunito. Fino all’ultima volta, al Grassi di Ostia. Scoperto ma scagionato dopo cinque processi. Per i giudici, infatti, l’uomo, un ex bancario romano di 71 anni, non è un ladro ma un cleptomane.
Laura Bogliolo e Andrea Ossino del Messaggero raccontano la vicenda, iniziata nel 2007, con un ricovero (e un primo colpo) all’ospedale San Giovanni della capitale. Anche all’epoca l’uomo non aveva problemi economici. Semplicemente, spiega il Messaggero,
“non riusciva a resistere all’impulso di portarsi a casa quegli oggetti. La carriera del Lupen degli ospedali è stata interrotta quando una infermiera, ha mostrato la foto dell’uomo alle vittime dei furti. «È lui! È Lui!», il responso dei derubati. Lui, l’insospettabile anziano dai modi cordiali che soffriva di una lieve forma di enfisema polmonare, un problema cronico di salute usato dall’imputato come porta d’accesso per i raid nelle stanze di ospedale”.
Ma che un calcolo ci fosse, dietro ai ricoveri con annessi furti, risulterebbe dal fatto che l’uomo non si è mai fatto ricoverare nello stesso ospedale: prima al San Giovanni, poi al San Raffaele, al Policlinico Tor Vergata, e infine al Grassi di Ostia.
Spiegano Bogliolo e Ossino:
“L’uomo, L. F., era stato accusato di furto aggravato, ma è stato assolto ieri perché «affetto da una forma grave di cleptomania». L’anziano, si legge nella perizia psichiatrica richiesta dall’avvocato Gianluca Arrighi, «viveva nel conflitto che si creava nella sua mente, tra l’impulso a rubare e la volontà di resistervi. Tutto ciò creava uno stato di forte angoscia che richiedeva un atto liberatorio». Il giudice monocratico ha così accolto le argomentazioni dell’avvocato Arrighi il quale aveva sostenuto che nel momento in cui si impossessava degli oggetti era incapace di intendere e di volere proprio per la grave forma di cleptomania ossessiva e sintomatica di cui soffriva. Una sentenza che promette di fare storia. «Solitamente la cleptomania può essere considerata come un vizio parziale che comporta uno sconto di pena di un terzo, ma è davvero raro che venga considerata vizio totale di mente». L’avvocato ricorda un caso del 1982 quando, in un processo a Padova «è stato riconosciuto per la prima volta il vizio totale di mente in un episodio di cleptomania». Ma i casi sono davvero rari. Probabilmente è stata considerata l’età avanzata dell’imputato che in qualche modo può aver inciso sulle capacità dell’anziano di intendere e di volere”.
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