MILANO – Il sequestro lampo del ragioner Giuseppe Spinelli, uomo di fiducia di Berlusconi (era lui a tenere la complicata contabilità delle “Olgettine”), è una storia che lascia molti punti interrogativi sospesi.
È il 15 ottobre, è notte. Spinelli torna a casa sua più tardi del solito. Appena esce dall’ascensore e suona alla porta, viene aggredito da un paio di uomini, hanno le pistole in pugno, lo spingono dentro l’appartamento, gli rompono gli occhiali, immobilizzano la moglie e li costringono a stare su un divano sotto la minaccia delle armi tutta la notte. In attesa del capo, che arriva nel cuore della notte.
Che cosa vogliono? Soldi da parte di Berlusconi. In cambio, ricostruisce la polizia, offrono del materiale informatico che riguarda il lodo Mondadori, mostrano su un foglio di carta a Spinelli nomi di magistrati, parlano di Gianfranco Fini come di “un uomo disposto a trafficare con la magistratura per rovinare Berlusconi”. Spinelli in effetti chiama, e parla proprio con Berlusconi. Dopo la chiamata i banditi se ne vanno, ma vogliono una cifra altissima, 35 milioni di euro. Il sequestro è terminato intorno alle 9 di mattina: il pm ipotizza che per la liberazione di Spinelli e della moglie sia stato pagato un riscatto di 8 milioni.
A quel punto, Berlusconi fa intervenire la sua scorta: Spinelli e la moglie vengono portati in una località segreta. Passa tutto martedì 16 ottobre e solo il giorno dopo, nel pomeriggio del 17 ottobre, lo studio Ghedini-Longo avvisa la Procura milanese ed entra in azione Ilda Boccassini, con interrogatori delle vittime e indagini sul territorio.
Alla fine del sequestro, Spinelli ha raccontato un ultimo dettaglio ai pm: è andato subito ad Arcore, da Berlusconi. Poi è tornato a casa alle 15 del 16 ottobre e ho “riferito a mia moglie che per ragioni di sicurezza bisognava dormire altrove”. Berlusconi che, nei giorni del sequestro Spinelli, ha annullato due appuntamenti: il 16 ottobre un pranzo con Mario Monti, il 17 ottobre il congresso del Partito popolare europeo a Bucarest. Alfano disse: “Ha l’influenza”.
La pista dei soldi. Gli inquirenti dicono che gli arresti dei sei sono stati fatti perché c’è il fondato sospetto che stessero portando otto milioni all’estero. Ma quegli otto milioni da dove vengono? Qualcuno ha pagato? E dove sono ora quei soldi? Erano dei sei arrestati oppure di qualcun altro? La pista dei soldi è una pista calda che ha portato agli arresti ma non ci dice il chi e il dove. Secondo gli inquirenti, quei soldi sono frutto del pagamento di un riscatto. Chi ha pagato?
Il triangolo: casa Spinelli-casa Ghedini-Procura. Questa la versione di Niccolò Ghedini: Spinelli ha chiamato una persona X, forse Berlusconi. Berlusconi ha chiamato Ghedini. Che racconta anche di aver poi chiamato Spinelli e, dopo 36 ore, la Procura. Chi parla con chi e soprattutto di cosa parlano? Un triangolo, o anche un quadrilatero – perché c’è di mezzo Berlusconi – che non quadra. Questa la versione data da Spinelli ai pm: “Io mi spesi molto con il Cavaliere Berlusconi dicendo che si doveva fidare di me, che quello che avevo visto era valido e che conveniva pagare per ottenere questo filmato. Berlusconi disse che a questo punto non sarebbe più partito per Roma, cosa prevista proprio per la mattina del martedì, che mi avrebbe aspettato lì ad Arcore con il filmato. Naturalmente – spiega ancora il ragioniere – gli aggressori, che sentivano quello che diceva Berlusconi, mi facevano cenno con la mano di no e cercai ancora di convincere il Cavaliere che conveniva pagare per ottenere questo filmato”. Secondo Spinelli però, “evidentemente” l’ex premier “che mi conosce da una vita e sa che io non mi permetto mai di insistere più di tanto, ha avuto qualche perplessità, tant’è che disse ‘le faccio telefonare dall’avvocato Ghedini’ e la telefonata finì lì”.
La “refurtiva”. Dalle carte degli inquirenti e dalle testimonianze di Spinelli e della moglie, i sei avrebbero detto di avere in mano un pc e dei documenti. Ghedini, parole sue, dice che quei documenti non valevano niente. Lui li ha visti? Questi in realtà, che cosa avevano in mano? Era veramente qualcosa per la quale Berlusconi “sarebbe stato grato per tutta la vita”? Uno dei sequestratori di Giuseppe Spinelli e della moglie ”sulla testata del divano ha messo una chiavetta e un Dvd dicendomi che in questi supporti informatici c’erano sette ore e quarantuno minuti di registrazione di cose che avrebbero danneggiato De Benedetti sempre in relazione al Lodo Mondadori”. Lo ha spiegato lo stesso Spinelli ai pm. Chiavetta Usb e Dvd che, per i rapitori, avrebbero potuto ribaltare in Cassazione il procedimento sul Lodo Mondadori, sono stati offerti al ragioniere in cambio di 35 milioni di euro, ma nessuno quella notte era riuscito a vederne il contenuto perchè ”il sistema del computer” che possedeva a casa sua Spinelli ”non era compatibile con il programma” dei due supporti informatici, per altro mai ritrovati dagli inquirenti.
La banda del sequestro Spinelli: Francesco Leone, Alessio Maier, Pierluigi Tranquilli, Laurenc Stanko, Ilirjan Stanko, Marjus Anuta (foto Ansa)La banda dei Babbi Natali. Dai particolari sembra più una banda uscita da un film di Renato Pozzetto o di Aldo, Giovanni e Giacomo. Il capo della banda è Francesco Leone, ex pentito barese di 51 anni, ritenuto affiliato al clan Parisi, arrestato a Paliano (Frosinone); gli altri sono Pierluigi Tranquilli, di 34 anni, residente a Olevano Romano (Roma), pregiudicato, e Alessio Maier, di 46 anni, residente a Malnate (Varese). Insieme a loro tre albanesi pregiudicati di 39,33 e 28 anni. Le maschere, il foglietto di minacce scritto con un italiano e una grafia incerta, il sequestro lampo: più che di Dillinger, qui siamo dalle parti dei Soliti Ignoti.
Scarpette rossonere. Il capo dei rapitori, Leone, è stato incastrato dalla sua fede milanista. Al momento del sequestro aveva un paio di scarpette rosse con due stringhe nere. Particolare che salta agli occhi, che viene notato dagli Spinelli che poi riferiscono agli inquirenti. Calzature “milaniste” che Leone indossa durante Milan-Fiorentina dello scorso 11 novembre, quando viene fotografato a San Siro dagli inquirenti.
La telefonata troppo presto. Giuseppe Spinelli la mattina del 16 ottobre, presenti nella sua casa i sequestratori, chiamò ”troppo presto” Silvio Berlusconi per chiedere di ”pagare per ottenere il filmato” della presunta cena tra Fini e i magistrati che hanno trattato la causa del Lodo Mondadori, tant’è che una guardia lo pregò di telefonare più tardi. Lo ha raccontato lo stesso Spinelli ai pm. ”La prima telefonata – ha raccontato ai pm – l’ho fatta alle 7.30, ma era troppo presto, mi ha risposto la guardia e mi ha detto di chiamare dopo le 8.10”.
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