ROMA – Dopo quello del Viminale, ecco il ‘corvo’ del Miur che ha recapitato un dossier di un centinaio di pagine a ‘Il Fatto quotidiano’ raccontando di una presunta ‘cricca’ di dirigenti del ministero, collaboratori e consulenti, che in cambio di tangenti, scambi di favori e assunzioni, avrebbero dirottato centinaia di milioni di euro in favore di aziende amiche formulando bandi di gara su misura e anche ripescando quelle scartate perché non qualificate.
Subito il Ministero dell’Istruzione, allertato dalle notizie – anche se afferma di non essere a conoscenza del dossier – ha chiesto, al Ragioniere generale dello Stato, ”l’intervento dei servizi ispettivi di finanza pubblica” per accertare ”eventuali anomalie” nella ”gestione dei fondi nazionali e comunitari degli ultimi anni”.
E’ stata anche avviata, sempre su input del ministro Francesco Profumo, ”l’analisi delle procedure interne all’amministrazione, nonché del ruolo e delle modalità di funzionamento degli organismi interni variamente denominati, istituiti in varie epoche e composti prevalentemente da soggetti esterni”.
L’Idv, con il presidente dei deputati Antonio Borghesi, ha annunciato una interrogazione urgente al governo per fare luce sui presunti appalti nel business della ricerca pubblica.
Stando al dossier anonimo, sempre che questo dica la verità, nel cuore del ministero ci sarebbe un ”sistema” che ”avrebbe infettato da tempo uno dei centri di spesa principali del governo: la Direzione generale della Ricerca”, che gestisce ”una montagna di soldi”. Pari a 6,2 miliardi di contributi comunitari a fondo perduto, 3 miliardi di budget statale e un miliardo di fondi ordinari per gli enti di ricerca.
La denuncia viene definita come ”molto circostanziata” da Emanuele Fidora, un alto dirigente del Miur interpellato da Il Fatto. Questo flusso di denaro, in parte, è già finito al centro di alcune inchieste per truffa ”dal dissesto dell’Idi romana al Gruppo Silva che dirottava al nord i fondi europei per il meridione”: ma il ‘corvo’ del Miur indica ”decine di altre aziende che avrebbero beneficiato di finanziamenti pur non avendo i requisiti”.
Simili pratiche sarebbero, si legge, ”rese possibili da una sistematica forzatura delle norme e dei ruoli nelle strutture deputate alla validazione dei progetti e al successivo controllo, in cambio di utilità diverse, dal semplice far carriera all’ottenimento di denaro o consulenze dalle stesse imprese”. Nel ‘giro’ ricorrono ”parentele, amicizie, legami tra professionisti e consulenti in palese conflitto di interessi, spesso cementati dalle stesse origini calabresi”.
I commenti sono chiusi.