TORINO – “Uber non fa concorrenza ai taxi” e quindi, almeno fino a quando una legge non lo stabilirà, non è un servizio di trasporto abusivo. Lo ha sancito, con una sentenza, un giudice di pace di Torino, che ha disposto l’annullamento della multa, della confisca del veicolo e delle altre sanzioni nei confronti di un’autista fermata dalla polizia municipale lo scorso dicembre. A scavare un solco tra le auto bianche tradizionali e l’app californiana è, secondo il magistrato, il diverso tipo di organizzazione del servizio: da una parte piazzole e tariffe predeterminate, dall’altra prenotazioni telematiche e prezzi variabili.
“Prima di applicare eventuali sanzioni, il servizio Uber, che sfrutta le nuove tecnologie, andrebbe disciplinato”, ha detto il giudice. Che però ha stabilito che il Comune di Torino non dovrà alcun tipo di risarcimento alla driver multata per il periodo di blocco del veicolo. Opposte le reazioni delle parti coinvolte nella discussione, che negli ultimi giorni è stata particolarmente tesa con la minaccia, da parte dei tassisti, di bloccare le strade durante l’Ostensione della Sindone, mentre il Comune ha istituito una task-force anti-abusivismo all’interno della polizia municipale.
“Non c’è alcun esercizio abusivo di taxi – taglia corto Mauro Repetti, legale di Uber – perché è evidente come le nuove tecnologie e l’avvento degli smartphone abbiano comportato un vuoto di regolamentazione nella materia del trasporto pubblico: in assenza di norme specifiche, è arbitrario ed illegittimo sanzionare UberPop, come pretendono invece di fare le amministrazioni comunali”.
I tassisti, però, non accettano la sentenza e si sono radunati a decine nella centralissima piazza Castello. Per ora è un presidio pacifico ma “il giudice di pace – commenta Valter Drovetto, rappresentante della categoria – ha sottovalutato il problema. Se potremo, faremo sicuramente ricorso. E comunque faremo tutto il necessario perché Uber sia considerato il concorrente sleale che è”. Dal Comune, per il momento, si limitano a dire che valuteranno le motivazioni della sentenza. Per ora, tuttavia, non sarà possibile applicare le sanzioni previste per la violazione dell’articolo 86 del codice della strada, autentico spauracchio per i driver privati: confisca del veicolo, ritiro della patente per un periodo compreso tra 12 e 18 mesi e multa compresa tra 1.700 e settemila euro, a discrezione del prefetto.
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