ROMA – Che fare con una laurea in Lettere o in Storia o in Beni Culturali? Cosa farci in un Paese che non considera fonte di ricchezza il turismo e la cultura? Sarà per questi motivi che le inscrizioni alle facoltà umanistiche stanno progressivamente calando. Un calo che riguarda anche altri paesi europei e gli Stati Uniti, ma particolarmente notevole in Italia. Scrive Repubblica:
Immatricolazioni al minimo e cattedre ridotte all’osso: nella grande disaffezione italiana all’università, figlia dello sconforto e dello scoraggiamento, le facoltà umanistiche vivono la crisi più dura. In 10 anni gli studenti delle “aree umane” sono diminuiti del 26,8%, un abbandono diffuso e capillare, battuto di poco soltanto dalle materie di “area sociale”, dove l’emorragia nel 2013 è stata del 28,7%, nel 2003 gli iscritti erano 135mila, quest’anno soltanto 96mila. Cosa stiamo perdendo? Le nostre radici, il senso dell’esistere, l’identità, la storia, il ragionamento? Adesso sono le grandi università americane a dire che così non va, ad appellarsi agli studenti perché riscoprano i saperi classici.
Alberto Asor Rosa, critico famoso, ha a lungo insegnato Letteratura italiana all’università La Sapienza di Roma. Dice con amarezza: «Le facoltà umanistiche sono state lasciate in un tragico abbandono dai governi competenti, nel 2003 gli ordinari di Letteratura italiana alla Sapienza erano 12, oggi sono rimasti in due. Come si fa ad appassionare gli studenti verso questi corsi di studio se il messaggio che passa è che si tratta di studi residuali, di un mondo che non c’è più, sui quali non vale la pena di investire?».
La paura di non trovare lavoro spinge verso ambiti tecnici, sanitari, o magari porta a non iscriversi proprio all’università, come sta progressivamente accadendo nel nostro paese, dove dal 2004 le immatricolazioni sono diminuite del 20,6%, all’appello mancano 70mila ragazzi, e non è un buon segnale.
I commenti sono chiusi.