ROMA – Striscia la notizia torna a parlare dell’uranio impoverito e racconta la storia di Antonio Attianese, un ex ranger del quarto reggimento alpini paracadutisti in missione in Afghanistan nel 2002 e nel 2003. Il militare è vittima di un carcinoma vescicale provocato dall’uranio impoverito presente nelle munizioni usate dall’esercito e denuncia di aver ricevuto delle intimidazioni dai propri superiori: “Mi hanno spinto a non rivolgermi a un avvocato”.
Da tredici anni il ministero della Difesa gli nega l’assistenza. Dal 2004 il 38enne di Sant’Egidio del Monte Albino, sposato con due figli, si è sottoposto a più di 35 operazioni e circa 100 ricoveri. Al rientro dalla missione Enduring Freedom avverte i primi sintomi della malattia: tracce di sangue nelle urine. Spunta la presenza di un tumore alla vescica, dovuto alla “esposizione a un inquinamento ambientale contenente polveri di acciaio e tungsteno”, il metallo pesante presente nelle munizioni. Come riportato nella relazione della dottoressa Gatti, esperta in nanoparticelle dell’ospedale di Modena.
Dopo il primo intervento le condizioni di salute peggiorano, i sanitari gli asportano la vescica e un rene, costringendolo a utilizzare una sacca per contenere le urine. Affronta le spese sanitarie da solo, ignaro dell’esistenza della circolare 65/84 dello stato maggiore dell’Esercito, che prevede il “monitoraggio del personale delle forze armate affetto da grave patologia, l’assistenza in campo sanitario, amministrativo, spirituale, psicologico, morale e materiale a favore dei militari e dei loro familiari”.
Attianese viene a conoscenza alla fine del 2005 e chiede all’amministrazione del proprio reparto l’applicazione. L’ufficio risponde picche e il giovane viene chiamato a rapporto da tre superiori. Dopo battaglie legali e pareri negativi, ottiene la causa di servizio al tribunale militare di Roma, in stand-by da 10 anni.