Si cerca di ricostruire la dinamica dell’esplosione che ha portato alla morte i 6 militari italiani in Afghanistan. «Dallo studio sul cratere rimasto nell’asfalto si può dedurre che il veicolo fosse immobile, o comunque andasse molto lentamente. È un cratere quasi perfettamente quadrato, di circa due metri per due. Non si può ancora definire se l’auto fosse parcheggiata da tempo, magari vuota, e l’esplosivo innescato all’interno. Oppure un kamikaze fosse al volante, in attesa dei primi mezzi Isaf che capitassero a tiro », ha dichiarato il comandante del contingente Folgore a Kabul, il colonnello Aldo Zizzo al Corriere della Sera.
Se l’autobomba era veramente ferma si potrebbe trattare di un “attacco complesso”, con gli spari a distanza ravvicinata per colpire i superstiti dell’esplosione. Si continua a cercare tra i resti il corpo del possibile attentatore: «Abbiamo raccolto un paio di gambe maschili, tranciate di netto dal tronco, a circa 20 metri dal cratere. Ma appaiono troppo intatte per essere quelle di un eventuale kamikaze. La vettura è infatti letteralmente polverizzata», spiegano fonti Isaf-Nato.
Si cercano spiegazioni, si seguono piste, come quella che porta a collegare l’attentato ai fatti di sangue che hanno caratterizzato le elezioni in Afghanistan, analizzando il tipo di esplosivo e confrontandolo con quello dei diversi attentati.
Intanto, incontrando il rappresentate dell’Unione Europea nel Paese, l’italiano Ettore Sequi, il presidente afghano ha espresso le sue condoglianze per le vittime italiane, e si è commosso quando Sequi gli ha mostrato la foto del piccolo Simone, figlio di due anni del parà ucciso Roberto Valente, che all’aeroporto saluta militarmente la bara del padre.