ALGERI – Trenta stranieri sono ancora nelle mani dei rapitori islamisti che hanno attaccato il sito petrolifero di In Amenas, in Algeria. I bilanci sono tutti provvisori e ipotetici, ma all’appello mancano trenta lavoratori dell’impianto. Se non sono morti durante il raid di giovedì o se non sono stati uccisi dai guerriglieri sono ancora vivi.
Altri cento stranieri sono stati liberati dalle forze speciali algerine, che sono riuscite a catturare anche un terrorista. Lui avrebbe detto che i sequestratori asserragliati nel sito petrolifero della Bp sono 32.
Da In Amenas sono arrivate le richieste dei sequestratori: se rivogliono due ostaggi americani gli Stati Uniti devono liberare due terroristi detenuti nelle loro carceri. E la guerra in Mali deve finire. I due terroristi chiesti in cambio dai rapitori non sono due nomi a caso: si tratta di Omar Abdel Rahman, considerato l’ispiratore dell’attacco al World Trade Center del 1993, e di Aafia Siddiqui, detta “Lady al Qaeda”, neuroscienziata pachistana condannata a 86 anni di carcere per aver cercato di attaccare militari americani mentre era detenuta in Afghanistan.
Ma la Casa Bianca non ammette scambi: ”Gli Stati Uniti non negoziano con i terroristi”, ha detto la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland.
Come se non bastasse a mostrare l’internazionalità del conflitto il governo britannico ha deciso di inviare ad Algeri una squadra di diplomatici e di 007. Anche in modo da evitare di venire nuovamente informato solo a raid avvenuto, come è successo.
In generale tutte i governi stranieri vogliono evitare nuovi blitz come quello, tragico, di giovedì. E si punta a liberare gli occidentali. Degli oltre 650 ostaggi liberati, infatti, 600 sono operai algerini. Mancano all’appello giapponesi, norvegesi, americani, britannici. Alcuni potrebbero essersi nascosti nei meandri dell’immenso complesso di In Amenas. Ma per salvarli, è il timore di molti governi, potrebbe non bastare l’intervento degli algerini.