Polemiche feroci in Cina sulle “cliniche anti-internet” dopo che un altro ragazzo di 14 anni, Pu Liang, è finito in ospedale dopo essere pestato a sangue dai suoi “educatori”. Il ragazzo era ricoverato all’«Anti-traditional Education Training Center», per “disintossicarsi” dalla dipendenza dal web e si è ritrovato con reni danneggiati, polmoni pieni d’acqua e diverse fratture.
Solo una quindicina di giorni prima un altro ragazzo, ricoverato per lo stesso motivo a Guangxi Qihuang, nel sud della Cina, era morto in seguito alle violenze subite.
La dipendenza da web, che nel paese asiatico riguarderebbe dieci milioni di adolescenti, è una vera e propria alterazione nervosa. Curata, in Cina, in oltre 400 centri specifici. Dopo gli ultimi episodi, però, il malcontento dell’opinione pubblica è cresciuta anche perché, nonostante un divieto formale, mai divenuto effettivo per carenza di controlli, nelle cliniche si pratica in modo massiccio l’elettroshock. Non basta: gli internet-dipendenti, appena ricoverati, vengono chiusi in isolamento, gli è proibito l’uso di qualsiasi oggetto tecnologico e devono osservare un rigidissimo codice comportamentale.
Le “cliniche-lager”, poi, sono anche “salate”: nel tentativo di guarire Pu Liang, la famiglia avrebbe speso circa 500 euro, una cifra che costa anni di sacrifici ad una famiglia media in Cina. Per Deng Senshan, il ragazzo ucciso il due agosto, la retta avrebbe sfiorato i 750.
Intanto, davanti alle polemiche, Pechino è corsa ai ripari: il Governo ha dichiarato che nessuna clinica privata che promette di guarire dalla dipendenza da web è legalmente registrata e che non esistono metodi sicuri che garantiscano la guarigione dal bisogno compulsivo di stare davanti al computer.
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