VARANASI – Tomaso Bruno (30 anni) ed Elisabetta Boncompagni (38 anni) sono italiani come Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, sono stati condannati all’ergastolo per omicidio e da tre anni sono rinchiusi in un carcere indiano, a Varanasi. Ma di loro pochi parlano. E non si sono mobilitate le diplomazie italiane a Roma e Delhi.
Eppure le accuse che li hanno fatti finire in cella sono fragili, supportate da prove discutibili. I due, lei di Torino e lui di Albenga (Savona) sono stati condannati per l’omicidio di Francesco Montis, loro compagno di viaggio in India nel 2010.
I tre condividevano una camera d’albergo. Una mattina Francesco non si svegliò. Tomaso ed Elisabetta lo portarono in ospedale. Nulla da fare: morì per problemi respiratori.
Forse aveva assunto della droga, scrive il Fatto Quotidiano. Ma per gli inquirenti indiani si trattò di una morte violenta dopo una rissa. Francesco, è la tesi degli investigatori di Varanasi, era depresso per la relazione della fidanzata Elisabetta con Tomaso.
I due italiani si sono sempre professati innocenti. Hanno presentato a loro difesa un fascicolo di prove che dimostravano diverse incongruenze nelle accuse. A settembre ci sarà l’ultimo processo davanti alla Corte Suprema di Delhi. La stessa che ha giudicato i due marò. Ma Tomaso ed Elisabetta non indossavano divise. Anche se non hanno sparato rischiano di finire la loro vita in una cella di Varanasi.
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